Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Fulminacci: "Cantare è come spogliarsi sul palco. Daniele Silvestri uno zio"

Esplora:

Sarebbe stato un peccato se la propensione a combinare parole e suoni di Filippo Uttinacci, in arte Fulminacci, fosse rimasta a fiorire solo nel grande campo fertile del tempo libero. L’ipotesi di una nuova generazione di cantautori romani si sarebbe rafforzata più lentamente e la scena musicale non avrebbe potuto annoverare tra i suoi sperimentatori un 27enne brillante e poliedrico. «Ho iniziato a scrivere canzoni a 18 anni, senza dirlo a nessuno. Mi vergognavo, mi imbarazzava cantare e non pensavo di poterlo e saperlo fare», ha raccontato nell’edicola degli artisti de Il Tempo, spiegando che per lui salire su un palco significa «spogliarsi» e «mettersi a nudo». Per fortuna, quando le note sono andate a cercarlo, ha smesso di giocare a nascondino e oggi, con i due singoli «Casomai» e «Sottocosto» che rimbalzano da una radio all’altra, ci ride su. «Cosa direi al piccolo me? Buttati, che è morbido», ha ammesso. Si definisce «autoironico, prudente, pigro, impacciato, emozionato e a metà tra riservato ed espansivo». I luoghi comuni su Roma e sui romani li conferma quasi tutti, ma sta attento a non trasformare i suoi concittadini in macchiette: «Il traffico e la pioggia paralizzano la città e sì, c’è differenza tra Roma Nord e Roma Sud: i primi indossano la camicia e vestono un po’ skinny; i secondi scelgono abiti ampi e Birkenstock. Siamo pigri, ritardatari e diciamo parolacce, ma no, non mangiamo carbonara e amatriciana tutti i giorni e la pennichella pomeridiana non la faccio quasi mai». L'intervista di Valentina Bertoli

Dai blog