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La patacca del boss Graviano contro Berlusconi. Ecco tutte le intercettazioni farsa del capomafia. Il boss sa delle telecamere, le fissa e poi confida confida: «Vogliono il Cav»

Dimitri Buffa e Luca Rocca
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Che minchiata! Le migliaia di pagine di intercettazioni fra il boss Giuseppe Graviano e il camorrista Alberto Adinolfi, captate nel carcere di Ascoli Piceno dal 19 gennaio 2016 al 29 marzo 2017 dalla Dia di Palermo e in parte riversate nel sempre più traballante processo sulla «trattativa» Stato-mafia, sono solo uno straordinario bluff. Messa da parte la balla su un Silvio Berlusconi mandante delle stragi del 1993, già archiviata in più procedimenti penali e che, leggendo le parole di Graviano, fa acqua anche a livello di logica (a parte il trascurabile dettaglio dell'assoluta mancanza di riscontri), e sottolineato il fatto che i due criminali sanno benissimo di essere ascoltati, come chiaramente emerge là dove parlano a favore di telecamere («ci spiano», ciò che resta, infatti, è «grande bluff» che fa il paio con quello delle intercettazioni in cella fra Riina e un certo Lorusso di tre anni fa. La recita, insomma, si ripete, e stavolta non c'è più nemmeno l'emozione della novità. Anche se, a leggere con attenzione ogni passaggio e ogni chiacchierata, qualcosa di non trascurabile, ma che non va nella direzione della solita vulgata, si trova.  SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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