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Piero Pelù, i Litfiba e i talent: La tv di The Voice mi ha reso migliore

Piero Pelù e Ghigo Renzulli

I Litfiba parlano del nuovo album intitolato «Eutòpia»

Carlo Antini
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Dopo quattro anni dall'ultimo «Grande nazione», torna insieme la supercoppia del rock italiano: Piero Pelù e Ghigo Renzulli, anima e cuore dei Litfiba ancora insieme col nuovo «Eutòpia». Brani tirati dove il rock barricadero strizza l'occhio al pop. Intanto domani su SkyArte andrà in onda «Speciale Eutòpia». Pelù e Renzulli, cos'è l'«Eutòpia» che dà il titolo all'album? «È un luogo che esiste nella mente ma anche nella realtà come accade in Uruguay, Nord Europa, Svezia, Islanda e Germania. Lì la felicità è alla portata di tutti. Anche in una piccola realtà come Firenze è possibile lottare contro lobby e interessi privati. L'importante è non arrendersi perché Utòpia è un'isola che c'è». Che ne pensate di Donald Trump? «È un errore. Ma la responsabilità maggiore è del Partito Democratico. La Clinton non è stata un esempio di "real democrazia". Negli ultimi anni le guerre sono aumentate e la Libia è diventata una polveriera. Se vivessi negli Stati Uniti starei tra quelli che scendono in strada a protestare». «L'impossibile» (il cui video è stato girato alla stazione della Leopolda) parla della guerra di Davide contro Golia. Oggi chi si contrappone al potente di turno? «Snowden che mette a nudo il controllo delle menti o Amnesty International che combatte per affermare diritti umani. Sono la dimostrazione che non siamo ancora finiti nel più bieco individualismo». «In nome di Dio» punta il dito contro le «nuove crociate che spacciano democrazia». È un attacco alla religione? «Ci riferiamo al Dio denaro e al Dio potere. In loro nome noi europei stiamo rischiando, schiacciati tra Russia e America. E non è un caso».  Questa è la canzone più metal di tutto il nuovo album. Dal punto di vista musicale a che punto sono arrivati i Litfiba? «Siamo diventati più maturi e abbiamo fatto tesoro delle nostre esperienze. Padroneggiamo tutti i nostri stili e, forse, abbiamo trovato le giuste dosi del nostro cocktail musicale». Tra gli esempi di umanità virtuosa c'è il caso cantato in «Maria coraggio». A chi vi riferite? «Sono i casi estremi di Lea Garofalo e di sua figlia Denise che si sono opposte alle dure leggi della mafia. Denise lotta ancora oggi e continua a vivere sotto protezione. Il coraggio che hanno dimostrato queste donne equivale a mille dischi della storia del rock». Anche loro fanno parte dei «Santi di periferia» di cui si parla nell'omonimo brano? «Sono le persone che lottano perché il centro del mondo vada avanti. Il mondo è fatto di centri e periferie e, spesso, è proprio dalle periferie che vengono le cose più interessanti. Pensiamo a Don Santoro a Firenze o ai ragazzi del Librino a Catania che si oppongono alla strafottenza dei boss locali». In questa direzione va il riferimento ai Ramones? «Esatto. I Ramones hanno inventato la musica punk a metà degli anni Settanta provenendo dalle periferie del Queens. Erano sbandati e la molla che li ha mossi è stata proprio la lotta per la sopravvivenza». A chi si riferisce il telebalilla di cui si parla in «Gorilla Go»? «Oggi chi governa si sente insicuro e ha bisogno di pilotare l'informazione. Questa è una canzone sulla manipolazione della realtà e su chi, come Edward Snowden, ha svelato al mondo intero che viviamo da supercontrollati». Cos'ha lasciato l'esperienza di The Voice? «È stata importante perché quello che ho trasferito ai ragazzi è stato utile anche per me stesso».

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