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La farsa europea per l'immortale Berlusconi

Silvio Berlusconi

Gian Marco Chiocci
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Adesso che pure Barbapapà Scalfari s'è ricreduto su Berlusconi sarebbe anche ora che i benpensanti, i cantori ultraventennali del giacobinismo ad personam, i legalitari dogmatici che fanno della giustizia merce di propaganda, si ficcassero bene in mente che guaio gigantesco è questa cosa dell'incandibilità del Cavaliere. Ieri a Strasburgo presso la Corte Europea dei diritti dell'Uomo si è svolta l'udienza sul caso. Per attendere la decisione serviranno mesi, decisamente troppi nell'ottica di consentire al leader di Forza Italia, in caso di pronuncia favorevole, di correre di nuovo per il Parlamento. Ma se il buongiorno si vede dal mattino, in tanti stanotte hanno dormito schivando incubi e cattivi pensieri. Già perché alcuni quesiti posti dai giudici bastano di per sé a mettere in rilievo con che razza di mostruosità giuridica abbiamo che fare. Le questioni sollevate ieri, infatti, evidenziano anomalie oggettive della vicenda. A partire dalla più macroscopica, cioè che a parità di situazioni ha corrisposto una diversità di trattamento: il giornalista Augusto Minzolini, raggiunto da una condanna in via definitiva, da Senatore che ha scelto poi da solo di dimettersi, non è mai stato sottoposto a procedura di decadenza, Berlusconi sì. Nella Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato è stato cambiato relatore sul caso Berlusconi, dopo che il primo (Andrea Augello) aveva rivendicato una posizione contro la decadenza. Il voto in Aula, poi, fu a scrutinio palese, quando, com'è noto, il regolamento sancisce che nei casi sulle persone sia adottato quello segreto (e più volte ciò ha riservato sorprese nella storia del nostro Parlamento). E poi c'è un'altra circostanza di disparità, riferita al fatto che sull'applicazione della legge Severino nel caso degli amministratori locali si può ricorrere alla magistratura e invece per gli eletti in Parlamento no. E ancora. Altra questione rilevante è quella della retroattività. Abbiamo letto la sintesi della linea tenuta dalla difesa di Silvio Berlusconi, che ha osservato come i fatti contestati al leader di Forza Italia siano risalenti alla forbice 1995-1998, dunque quasi quindici anni prima che la legge Severino fosse approvata. Questo apre la via ad un altro tema grande così. Non nuovo, a dir la verità. Per analogia, infatti quanto la corte europea abbia già puntato l'indice contro l'Italia sul tema retroattività lo si è visto con il caso Contrada: in quel caso, l'ex numero 2 del Sisde era stato condannato per un reato che non esisteva negli anni in cui l'avrebbe commesso. Qui, siamo di fronte ad una fattispecie diversa, e riguarda non un reato ma l'applicazione della sanzione. Però, come ha osservato anche un autorevole magistrato in pensione come Carlo Nordio, nell'ordinamento italiano non si può punire per un comportamento non sanzionabile nell'attimo in cui il reato viene commesso. Dunque, mettendo in ordine gli elementi, il quadretto che si potrebbe configurare è chiaro: ci sarebbe stato un cortocircuito persecutorio, di cui il Senato si è reso vergognosamente complice. Un organo elettivo tra democrazia e norma, infatti, dovrebbe scegliere la prima quando la seconda è fumosa, confusa, e ancor peggio frutto di climi esasperati nel Paese (la legge Severino nacque sull'onda delle inchieste sui fondi regionali, la gran parte delle quali si sono concluse con archiviazioni). Qui, oggi, ci troviamo di fronte ad una situazione secondo cui il leader più votato degli ultimi vent'anni, ancora oggi acclamato ad ogni uscita pubblica, rischia di non potersi ricandidare e milioni di italiani di non poterlo votare vedendo il loro diritto alla rappresentanza ancora non rispettato, come avvenuto in questa legislatura. Questo è il prodotto indigesto che dà il miscuglio tra norme ideologiche, zelo giustizialista, errori di dabbenaggine e lungaggini burocratiche. Non c'entra stare da una parte o dall'altra. C'entra che a una ristretta élite culturale, politica, giudiziaria, piace vincere facile giocando sporco. La morale della Severino ad personam è che hanno azzoppato Berlusconi rendendolo politicamente immortale: l'anziano Cavaliere oggi è più forte e amato di prima, farà il solito pienone di voti, e chi gli vuole male capirà che come lui non c'è nessuno. L'ha capito perfino nonno Scalfari. Adesso tocca a voi: rassegnatevi, arrendetevi tutti.

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