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di Dina D'Isa Quante volte saggiando una bistecca, o un filetto (troppo duro e poco saporito) abbiamo invidiato, dalle nostre parti, le carni sudamericane o, magari, quelle morbide ma costosissime dei giapponesi? Gli appassionati del "t bone

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Lapiù pregiata è quella della provincia di Kobe, in Giappone, famosa per essere massaggiata. E ci sono poi altre nazioni che, pur non massaggiando, allevano grandi quantità di bovini Wagyu, come in Usa, in Cile e in Australia. Nel solco di una tradizione secolare la carne Wagyu, in Giappone, viene ottenuta grazie ad un particolare metodo di allevamento che prevede un'alimentazione a base di cereali, barbabietole, patate e birra. I bovini giapponesi vengono inoltre massaggiati manualmente con un guanto di crine, affinché il grasso si distribuisca all'interno del muscolo anziché restare in superficie. Grazie alla collaborazione tra l'Università di Bologna e l'azienda LEM Carni si è ora sviluppata anche in Italia una produzione di bovini selezionati e allevati con un sistema simile a quello dei bovini Wagyu, che consente di ottenere un prodotto unico, tutto made in Italy. Come? I bovini sono sottoposti ad un piano alimentare seguito e controllato dalla Facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università di Bologna. Tre volte la settimana sono massaggiati, non manualmente (e questo consente un abbassamento dei costi), ma da una macchina brevettata da Lem per favorire la cosiddetta marmorizzazione della carne: ovvero quella visibile ricchezza di venature intramuscolari in cui il grasso è distribuito e, quindi, tenero. Queste venature di grasso, che si trovano all'interno del muscolo e non solo intorno ad esso, sono elemento chiave per la tenerezza e l'appetibilità della carne, che ha inoltre un alto contenuto di acidi grassi insaturi: per questo motivo, incidono in misura minore sul livello di colesterolo LDL. Chi volesse gustare questa prelibatezza può richiederla a www.lemcarni.it, oppure frequentare ristoranti doc, come Settimio, in via dell'Arancio a Roma.

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