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di Mario Bernardi Guardi Adesso i suoi scritti recano il prestigioso fregio Adelphi ma quando, il 10 gennaio 1977, Cristina Campo si spense, il suo nome nell'ambiente letterario era noto solo a pochi.

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CristinaCampo era una donna "in ascolto", attenta alle più sottili vibrazioni della natura e dello spirito. E questo epistolario ne offre ulteriore conferma ("Il mio pensiero non vi lascia. Lettere a Gianfranco Draghi e ad altri amici del periodo fiorentino", a cura e con una Nota di Margherita Pieracci Harwell, Adelphi, pp. 273, euro 24). Basti un solo esempio. Lo scenario: un parco di Roma, un pomeriggio d'autunno. Cristina Campo scrive all'amico Gian, descrivendogli quel che vede: colori. Ma è come se li "sentisse", come le entrassero nel cuore: "Viali blu, spade blu, tronchi rosa di gelsi, aceri bianchi piccoli (coni di cristallo bianco, un alone giallo pallido intorno) tra faggi blu-di-pioggia, su prati di un rosa denso, corallo. I rami bassi dei lecci giovani, come inguainati di velluto nero, ma segnati da cima a fondo da una sottile striscia verde - una vena verde, segreta. E gli edifici nel parco accesi, soprannaturali, da un cielo intricato (blu-giallo-nero), inafferrabile. Molto bello il mondo, il parco questa sera - sono le 4 del pomeriggio-: ora due cavalieri avanzano come nei sogni senza toccare terra, per un viale rosabruno - avremo visto anche questo prima di essere cancellati col mondo come un errore dell'eternità - questa bellezza a fiotti in un vecchio parco…". Ma chi è questa giovane donna - ha trentaquattro anni - che scrive "dall'alto e dal profondo"? La lettera è del 1957, lei, a Roma da un anno, è nata a Bologna e si è "formata" a Firenze. Ambiente familiare borghese, agiato e colto: il padre, Guido Guerrini, è stato direttore del Conservatorio di Musica Cherubini di Firenze e in seguito di quello romano di Santa Cecilia. A Firenze, tra guerra e dopoguerra, pur in mezzo a tanti sconvolgimenti, Cristina ha conosciuto molti spiriti affini con cui ha tessuto rapporti di amicizia e di amore. Grazie a una complicità che ha alla base una certa idea del mondo e della vita, un'immagine elevata dell'arte e della letteratura, un nativo sprezzo nei confronti della volgarità e del conformismo. Molti, ovviamente gli "auctores" per questa "cerca del Graal" tramata di "intelletto d'Amore", "passione per la perfezione", percezione di Bello e Bene come "valori" identici. Nella biblioteca di Cristina figurano così, insieme ai "classici", i Padri del deserto e i mistici, John Donne e von Hofmannstahl, Eliot ed Hölderlin, Pound e Marianne Moore, Simone Weil e Pasternak, Emily Dickinson e Dostoevskij, Emily Brönte e William Carlos Williams. Letture che sono sempre avventure interiori. L'amore? Due gli uomini che le "segnano" la vita: a Firenze, il germanista Leone Traverso; a Roma, Elémire Zolla, studioso "antimoderno" di miti, riti, simboli. Tanti i paesaggi da esplorare: la parole, la Scrittura, la poesia, la natura, la liturgia, il canto gregoriano, la fiaba. A tutto questo Cristina, in mezzo alle traversie del cattivo stato di salute (aveva una malformazione cardiaca congenita) prestò "attenzione" (una parola che le era particolarmente cara e a cui dava uno speciale risalto semantico, considerandola come capacità di ascoltare, contemplare, approssimarsi al Sacro). E la stessa "attenzione" riservò agli amici. Come Margherita Pieracci Harwell (Mita), curatrice di questa raccolta, nonché delle 240 "Lettere a Mita" (Adelphi, 2000), e negli anni fiorentini amata al pari di "una sorella minore da istruire e guidare". Come il coetaneo Draghi : "colui che - scrive la Pieracci - Cristina considera più come suo uguale" perché Gian guarda ai suoi stessi "fari" (Hofmannstahl e Simone Weil) ed è "un uomo di prim'ordine" che "conosce sempre, sottilmente, il disegno del tempo, e trova la parola magica da incidervi". Come tutti gli altri (Piero Draghi, Anna Bonetti, Venturino Venturi, Giorgio Orelli) che, negli anni romani, non cesseranno di essere "presenti" nelle sue evocazioni nostalgiche e in un fitto scambio epistolare. Dove Cristina, certo, parla di scrittori, di collaborazioni giornalistiche, di propositi avviati che avranno o non avranno compimento ecc., ma non si mostra estranea alla realtà. Ad esempio, la vediamo impegnata a favore della battaglia non-violenta condotta da Danilo Dolci contro la mafia e per la redenzione del Sud, ma anche consapevole del fatto che i comunisti e gli intellettuali di sinistra - da lei cordialmente detestati - tentano di strumentalizzarla. E poi c'è la quotidianità: un incontro, una delusione, una sorpresa, il ritardo di una risposta, malattie, malinconie, pensieri dispersi. Tutto la penna di Cristina nota, a tutto dà forma. Diritta, netta e con incomparabile grazia.

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