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di TIBERA DE MATTEIS Nel caos etico, civile e politico che regna in Italia a centocinquant'anni dall'unità nazionale un pensatore lucido e pacato del calibro di Domenico Fisichella dedica il suo nuovo libro ìIl caso Rosmini.

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Fisichellache proprio dalle colonne di questo giornale in due articoli di settembre e ottobre del 1992 aveva propugnato la nascita di Alleanza Nazionale, indicandone sia il nome sia i valori di riferimento e il programma politico, è stato senatore per quattro legislature, prima con il simbolo della Casa delle Libertà e poi nella lista della Margherita per il Lazio, nonché vicepresidente del Senato per dieci anni (1996-2006) e Ministro per i Beni Culturali e Ambientali nel primo governo presieduto da Silvio Berlusconi. Ordinario di Dottrina dello Stato e di Scienza della politica nelle Università di Firenze e di Roma La Sapienza, non ha mai disgiunto la sua attività politica da una consapevolezza intellettuale che gli consente di osservare la realtà circostante con l'acume e la saggezza di chi conosce il passato e sa far tesoro delle esperienze storiche e culturali. Questo volume si inscrive nella sua linea d'azione, affrontando direttamente una figura interessante e spesso causa di giudizi contrastanti come Antonio Rosmini, condannato all'indice, discusso in vita e poi dichiarato beato il 18 novembre del 2007. Definito dal suo amico Alessandro Manzoni «una delle sei, sette grandi intelligenze dell'umanità», era contraddistinto da un intenso spirito di italianità ante litteram che lo induceva a immaginare la prospettiva di una nazione «in cui religiosità, centralità della persona, nazionalità, statualità, progetti di carte costituzionali, monarchia, repubblica, famiglia, proprietà economica, varietà e autonomie territoriali sono altrettanti tasselli concettuali che debbono confrontarsi con le condizioni reali cui l'Italia soggiace dopo che Rivoluzione francese e Restaurazione hanno impresso il segno del loro passaggio sul profilo politico e culturale del continente europeo», come precisa Fisichella. Anche il cardinale e presidente della Cei Angelo Bagnasco, intervistato da L'Osservatore Romano, ha ricordato di recente il cattolico Antonio Rosmini e lo ha individuato come punto di riferimento culturale della Chiesa italiana, sintetizzando così le sue opinioni sul federalismo: «una ricchezza se costituisce l'unità, se invece disgrega e allontana, allora non diventa più un valore ma un disvalore». E il contributo saggistico di Fisichella riesce proprio a indagare e chiarire al meglio questa visione. Si riconosce al federalismo rosminiano l'intenzione di superare municipalismi, provincialismi, egoismi localistici, chiamati «varietà negative», liberando il campo da ogni strumentalizzazione che possa avallare una disaggregazione culturale, civile e istituzionale. È il messaggio di un filosofo patriota che ancora oggi può orientare e illuminare il dibattito sul futuro del Paese.

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