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di GABRIELE SIMONGINI Distrutte da troppo amore? Annientate da troppo pubblico? No, non stiamo parlando di fidanzate uccise perché «troppo amate» o di star del cinema perseguitate da fan irriducibili.

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Magarialle spalle di teste ricciolute, magari dietro un vetro blindato pieno di riflessi, magari per pochissimi minuti. Ma l'importante è poter dire «io l'ho vista». Eppure la notizia che giunge dritta dritta dall'Egitto ci spiattella davanti agli occhi un futuro fatto di capolavori invisibili ed inaccessibili, sostituiti da riproduzioni perfette. Zahi Hawass, potente segretario generale del consiglio supremo delle antichità egiziane, ha infatti annunciato che a breve la tomba di Tutankhamon, nella Valle dei Templi di Luxor, sarà chiusa al pubblico «per evitare che i visitatori la distruggano». Ed altrettanto avverrà, senza se e senza ma, anche per due altre fantastiche tombe faraoniche di Luxor, quelle di Seti I e di Nefertari. Per giustificare questi provvedimenti così drastici, Hawass ha spiegato che l'umidità provocata dal respiro e dall'abbondante sudorazione dei turisti danneggia le tombe. E continuando così esse sarebbero totalmente distrutte nel giro di 200 anni. Insomma, dice Hawass con una frase che segna un'epoca: «È più importante proteggere la storia che il turismo». E infatti i visitatori in un prossimo futuro si dovranno accontentare della «valle delle riproduzioni»: già è iniziata la realizzazione di riproduzioni al laser di interni, decorazioni e dipinti delle tre tombe che saranno ricostruite nei dintorni in una sorta di luna park virtuale riservato ai turisti. E, dulcis in fundo, solo pochissimi privilegiati, specialisti di egittologia, potranno visitare le tombe originali, pagando però un biglietto d'ingresso carissimo. Insomma, in Egitto è cominciata la guerra senza confine fra la tutela dei capolavori del passato e il pur legittimo desiderio di ammirarli del turismo di massa. In Europa invece si cercano interventi più misurati. Pensiamo alla Gioconda di Leonardo, custodita al Louvre ed oggetto del desiderio degli otto milioni di turisti che ogni anno affollano il museo: è protetta da un vetro blindato (contro cui si è infatti frantumata la tazza da tè lanciata un anno e mezzo fa da una turista russa) ed è stata spostata in una nuova sala tutta per lei che permette di controllare meglio il microclima del luogo. In Italia, a proposito di tutela, vanno ricordati i casi del Cenacolo di Leonardo a Milano e degli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova dove i turisti vengono contingentati facendoli passare in «stanze di decantazione» fatte di speciali pavimenti che attraggono la polvere. Ma la voce che ha aperto un nuovo dibattito sul tema della conservazione è quella, autorevolissima, di Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani. Il suo è stato un vero e proprio grido d'allarme: la Cappella Sistina è malata d'antropia, il boom di visitatori porta umidità (sempre loro, il respiro e il sudore) e polveri, agenti inquinanti che a lungo andare danneggiano gli affreschi. Ed allora bisognerà provvedere con urgenza: forse serviranno nuovi impianti di deumidificazione o un contingentamento degli ingressi riservati solo alla Cappella Sistina. Però, grazie al cielo, nessuno ha parlato di chiusura al pubblico e di riproduzioni a grandezza naturale. Il luna park «Cappella Sistina» appartiene ancora alla fantascienza.

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