Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Interviene il console, Indi è ancora viva

Esplora:

Antonio Sbraga
  • a
  • a
  • a

Sarà l’ultimo appello, fissato per le 13 di oggi, a decidere tra la vita e la morte di Indi Gregory. Ieri i giudici dell’Alta Corte inglese hanno prima prorogato di 2 ore e poi sospeso fino a quest’ultimo verdetto la sentenza con la quale avevano dato il via libera al distacco delle macchine che tengono in vita la bimba di 8 mesi affetta da una grave malattia mitocondriale. Un doppio stop scattato dopo la richiesta urgente presentata dal console italiano di Manchester, Matteo Corradini, che in virtù della concessione della cittadinanza tricolore alla piccola, si è potuto richiamare alla procedura prevista dall’articolo 9 della Convenzione dell’Aia, mettendo in contatto il giudice competente italiano con il suo omologo inglese.

Davanti all’attivazione di questa procedura l’Alta Corte inglese ieri ha prima deciso una proroga di 2 ore e poi ha sospeso tutto, trasmettendo gli atti alla Corte d’Appello per la decisione finale attesa per il pomeriggio di oggi. Perché, come stabilisce quell’articolo della convenzione internazionale che regola la protezione dei minori, si può «chiedere all’autorità competente dello Stato contraente di residenza abituale del minore, direttamente o tramite l’Autorità centrale di tale Stato, di permettere loro di esercitare la competenza ad adottare le misure di protezione che ritenessero necessarie». Lunedì scorso il Consiglio dei ministri aveva conferito la cittadinanza italiana alla neonata proprio per consentire ai genitori di Indi di chiederne il ricovero all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Ma l’Alta Corte inglese ha negato anche il ritorno della bimba nella sua casa di Ilkeston, nel Derbyshire. Ora i legali della famiglia Gregory annunciano anche che «la presidenza del Consiglio dei ministri dell’Italia ha scritto al ministero della Giustizia britannico come previsto dall’articolo 32 sempre della Convenzione dell’Aia del 1996». Un articolo che prevede, infatti, di poter chiedere di «esaminare l’opportunità di adottare misure volte alla protezione della persona o dei beni del minore». Nella speranza, come ha scritto l’avvocato ed ex senatore Simone Pillon, di «ottenere un regolamento di giurisdizione tra Italia e Regno Unito, come previsto dalla Convenzione. Il superiore interesse del minore è quello di vivere e non di morire». Secondo l’ex parlamentare, infatti, «non c’è nulla di più difficile che argomentare l’ovvio: pagine e pagine per spiegare che i bambini non si lasciano morire. In un mondo normale basterebbero 2 lettere: No». Ma ci sono ancora queste «ore di speranza per Indi Gregory», sottolinea l’associazione Pro Vita & Famiglia onlus, che confida molto «sulla possibilità di trasferire la giurisdizione al giudice italiano.

Uno sviluppo del genere non si era mai verificato prima in un caso di fine vita che coinvolgeva un bambino nel Regno Unito». La Convenzionespiega il portavoce dell’onlus, Jacopo Coghe- riguarda la «competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori». I medici che curano Indi al Queen's Medical Centre di Nottingham ribadiscono di non poter fare altro per lei. Al Bambino Gesù la pensano diversamente e confidano di poter avere la possibilità di dimostrarlo. Oggi pomeriggio si saprà dai giudici l’ultimo verdetto, quello che deciderà tra la vita e la morte di Indi.

Dai blog