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Onu, è l'Iran a occuparsi dei diritti umani. Insorgono attivisti e associazioni

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Giuseppe China
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L’insediamento dell’ambasciatore iraniano Ali Bahreini in qualità di neo presidente del Forum sociale peri diritti umani dell’Onu rappresenta uno smacco alla credibilità del Palazzo di Vetro. La nomina della feluca di Teheran risale a pochi mesi fa. È lo scorso 10 maggio quando il titolare dell’Unhcr, VaclavBalek, ha annunciato di aver nominato Bahreini, tra una rosa composta da candidati prescelti da gruppi regionali. Dunque la circostanza imbarazzante era nota da tempo, eppure la diplomazia internazionale non è riuscita a evitare uno scivolone senza precedenti. A dire il vero qualcuno ha tentato di opporsi alla decisione di Balek: la campagna di denuncia, accompagnata da una petizione sottoscritta da oltre 90.000 persone, lanciata dalla organizzazione non governativa UN Watch ha lottato fino all’ultimo giorno disponibile. Portavoce della battaglia il direttore della Ong, Hillel Neur, che in più di un’occasione aveva detto: «La nomina di Bahreini può essere annullata da una riunione speciale del Consiglio». A patto che avvenisse entro la giornata inaugurale del social Forum dell’Unhcr, ossia ieri.

 

 

Come se non bastasse gli attivisti hanno spesso criticato la linea tracciata da Josep Borrell (Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri), spiegando che «il gruppo asiatico a cui appartiene l’Iran ha ricoperto la posizione quattro volte negli ultimi sei anni, negando rotazioni a diversi altri gruppi regionali». Forse prima di affidare la presidenza a Bahreini, qualcuno alle Nazioni Unite e non solo avrebbe potuto prendersi la briga di compulsare le statistiche sulle condanne a morte volute da Teheran.

 

 

Nel solo mese di ottobre 2023 all’interno delle carceri iraniane sono stati uccisi almeno 78 prigionieri, con un aumento del 65% rispetto a settembre, quando sono state registrate 27 esecuzioni. Secondo i dati raccolti dall’organizzazione per i diritti umani Hengaw, nella maggior parte dei casi i detenuti morti erano accusati di crimini legati alla droga (35), altre 33 persone di omicidio, 4 di stupro e 6 per circostanze ignote. Senza dimenticare la repressione delle proteste in seguito alle uccisioni delle giovani Mahsa Amini e Armita Garawand. E il regime degli ayatollah dallo scorso 7 ottobre è finito di nuovo sotto la lente di ingrandimento di una larga parte della comunità internazionale per la complicità che ha avuto con Hamas nell’attacco a Israele. «Mi auguro che l’Unione europea, in segno di protesta, diserti l’iniziativa», ha detto l’europarlamentare leghista Anna Cinzia Bonfrisco in riferimento al Forum dell’Onu in corso a Ginevra. Ancora più tranchant il commento di Nicola Procaccini (FdI) che ha definito la presidenza di Teheran «disumana».

 

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