Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Guerra, spegnere l'incendio ucraino per non accenderne altri

Esplora:

Cicisbeo
  • a
  • a
  • a

Facciamo un ragionamento, come diceva De Mita: che l’invasione dell’Ucraina avesse conseguenze durature sugli equilibri mondiali, ben oltre l’auspicabile fine del conflitto, era evidente fin da subito: l’illusione di Bastiat che dove passano le merci non passano le armi si è rivelata appunto tale, ed è stata l’approdo solo provvisorio della globalizzazione: altro che fine della storia, insomma. Il mondo di pace basato sui commerci e sulla distribuzione dei consumi anche alla parte derelitta del mondo ha in parte ridotto le disuguaglianze ma ha anche impoverito le classi medie occidentali provocando crisi sociali a catena, e il Covid ha completato lo sporco lavoro: gli choc subiti dalle catene di approvvigionamento hanno infatti scosso i mercati alimentari, dell’energia e di altre materie prime, e infine la crisi del gas ha definitivamente alterato l’ordine globale. E veniamo alla guerra: l’isolamento della Russia attraverso le sanzioni non ha funzionato, anzi l’Occidente ha scoperto che il resto del mondo usa ormai una grammatica diversa dalla sua, come hanno plasticamente dimostrato le votazioni dell’Onu. Se l’asse euro-atlantico si è rafforzato, insomma, l’America ha scoperto di non essere più la guida incontrastata del mondo e ha dovuto concentrare il suo peso politico sull’Asia per contenere l’imperialismo cinese. Siamo già entrati dunque in una nuova fase storica in cui però, mettiamocelo bene in testa, in prospettiva non si potrà fare a meno né di Xi né di Putin.

 

 

Viene il voltastomaco a dirlo, ma bisogna prendere atto della realtà prima di precipitare verso l’ignoto, nella consapevolezza che la guerra in Ucraina è un incendio che rischia di propagarsi ad altri scenari, con l’Europa – che, intendiamoci, ha reagito come doveva - diventata il primo elemento di destabilizzazione del globo. Perché il vento spira forte, e i fuochi vanno spenti prima che si propaghino alimentando altri focolai. O, come dice il vecchio saggio Kissinger, sarebbe meglio prevenirli, e sull’Ucraina non è stato purtroppo fatto. Riparliamoci chiaro: l’equazione democrazie contro dittature, interventi umanitari contro violazioni della pace si fonda su princìpi che sembrano saltare, come quello dello scontro di civiltà che l’Occidente sta subendo invece di governarlo. E il contagio che parte dall’Ucraina è già tragicamente in atto: se Hamas ha potuto portare contro Israele l’attacco più devastante della sua storia, lo ha fatto certo perché sostenuto dall’Iran, ma anche perché l’asse Occidente-Russia che aveva arginato il Risveglio islamico si è spezzato, e ora ognuno gioca la sua partita o non ha più le forze per portarla in fondo, come sta accadendo nel Nagorno-Karabakh, dove gli azeri stanno cacciando 120 mila armeni alleati di Mosca senza nessuna condanna e senza nessuna sanzione a difesa dell’ordine internazionale. Non solo: la Nato è in allerta per le provocazioni serbe e per l’escalation in corso in Kosovo.

 

 

La realtà è che dopo la fine della Guerra Fredda un nuovo, vero ordine mondiale non è più stato edificato, e sia il Kosovo che il Nagorno Karaback ne sono gli esempi più recenti, ed hanno entrambi un impatto indiretto sulla guerra in Ucraina, perché Mosca ha tutto l’interesse ad appoggiare la Serbia per innescare un nuovo focolaio nel cuore d’Europa. I punti di contatto, poi, ci sono eccome fra Ucraina e Israele, uno Stato che non ha mai condannato apertamente la Russia per tutelare i suoi interessi nazionali, mentre con Kiev gli attriti sono stati numerosi, tanto che Zelensky aveva chiesto di escludere Tel Aviv dal gruppo di Ramstein. Al tempo stesso però Israele e Ucraina hanno un nemico comune, l’Iran degli ayatollah che fornisce a Mosca i droni lanciati sulle città inermi, mentre la Russia ha contatti storici con Hamas, anche se è da escludere che abbia dato il via libera alla carneficina nei confronti degli amici israeliani. È un puzzle molto complicato, insomma, con l’asse Iran-Hamas-Hezbollah che ha segnato un punto a suo favore infliggendo un’umiliazione senza precedenti a Israele e bloccando lo sviluppo degli accordi di Abramo con l’Arabia Saudita. E in questo scenario a tinte cupe, la mossa di Biden di coinvolgere l’Iran nel programma nucleare appare per quello che era parsa da subito: un’apertura del tutto improvvida. Il disordine mondiale è sotto gli occhi di tutti, e purtroppo manca una salda leadership occidentale in grado di ricomporlo, ma se non si spegne alla svelta l’incendio principale – quello ucraino – fuochi tutt’altro che fatui finiranno per accendersi in tutte le zone potenzialmente a rischio, basti pensare ai sommovimenti golpisti nel continente africano. Le Nazioni Unite sono fuori gioco, quindi servirebbe una nuova Yalta tra le grandi potenze se non per spartirsi il mondo, almeno per evitare la catastrofe. Detto in parole più semplici: Kiev non può diventare la Sarajevo della Terza guerra mondiale.

Dai blog