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Blindati italiani in Ucraina, "cosa indica quel simbolo": smontato il fango russo

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Gli ormai gli attacchi sono quotidiani, e quotidianamente il ministero della Difesa smentisce quelle che definisce fake news russe. Ancora una volta con un post su Facebook, l’ambasciata russa a Roma ha pubblicato le immagini di un blindato distrutto: "Un veicolo corazzato dell’esercito ucraino ’Iveco Lmv 4x4’ di fabbricazione italiana che è stato distrutto durante l’operazione militare speciale. La sorte dei mezzi militari trasferiti al regime di Kiev è prevedibile e poco invidiabile", ha scritto l'account della sede diplomatica russa. 

 

Parole e immagini a cui replica il ministero di Guido Crosetto che rivela da dove arrivano quelli blindati di fabbricazione italiana. "L’ambasciata russa in Italia continua a mentire nella sua quotidiana propaganda pubblicando evidenti fake news", si legge in una nota della Difsa. "Le immagini dell’ultimo post dell’Ambasciata russa in Italia non ritraggono dei mezzi Lince 4x4 Iveco, bensì blindati Mls Shield, come deducibile dal simbolo 0'Venom' riportato sulla fiancata. Mezzi mai inviati all’Ucraina nei diversi pacchetti aiuti inviati all’Ucraina dal governo italiano", spiega il comunicato.

 

Non solo. "Le stesse foto, inoltre, sono già state pubblicate il 1 dicembre 2022, dall’ex Presidente ucraino Petro Poroshenko, il quale elogiava le caratteristiche del mezzo in questione (Mls Shield) grazie alle quali undici militari ucraini erano rimasti illesi dopo essere stati colpiti da un colpo di mortaio", viene riferito ancora. "Infatti risulta che, lo scorso anno, l’ex Presidente ucraino ha acquistato, in parte con fondi propri e in parte con una raccolta popolare, 11 blindati prodotti dall’azienda abruzzese Tekne di Ortona (CH), donati alle Forze Armate ucraine impegnate nella resistenza contro l’aggressore russo", conclude la nota. 

 

In precedenza l'ambasciata russa in Italia aveva pubblicato foto dei missili anticarro ’Milan’ di fabbricazione italiana "catturati al nemico" e che ora "aiutano i difensori della Repubblica Popolare di Donetsk a combattere i neonazisti ucraini", sottolineando che "almeno quest’arma è in buone mani".

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