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Capitol Hill, colpo a Trump dalla Commissione speciale: "No a nuovi incarichi pubblici"

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Dopo averne raccomandato il deferimento al dipartimento di Giustizia, la Commissione 6 gennaio ha assestato, come suo ultimo atto ufficiale, il colpo definitivo contro Donald Trump. All'ex presidente, si legge tra le undici raccomandazioni contenute nelle 845 pagine del Rapporto conclusivo dell'indagine sull'assalto a Capitol Hill, deve essere impedito di ricoprire nuovamente cariche pubbliche.

La base legale, secondo la Commissione a maggioranza democratica, è contenuta nelle norme del 14esimo Emendamento della Costituzione, varato dopo la Guerra Civile. Un individuo che ha prestato giuramento a difesa della Costituzione ma ha "preso parte a un'insurrezione" o dato "aiuto o conforto ai nemici della Costituzione" può essere rimosso da un incarico pubblico. La raccomandazione della Commissione ricalca, nelle sue motivazioni, una delle quattro ipotesi di reato già contestate a Trump nell'ultima seduta pubblica dell'organismo: "Insurrezione", appunto. Ed è forse l'atto d'accusa che più può compromettere il futuro politico dell'ex presidente, in vista della sua candidatura per il 2024. Nel Rapporto, frutto di 18 mesi di lavoro, oltre 1.000 deposizioni (di cui 70 in aula) e oltre un milione di documenti messi agli atti, Trump viene inoltre accusato di avere "supervisionato" i tentativi di sovvertire l'esito del voto delle Presidenziali 2020, non solo lanciando false accuse di brogli elettorali, ma anche cercando di sostituire in alcuni Stati chiave (in cui aveva perso) i Grandi Elettori designati per legge, con figure a lui favorevoli. Tra le riforme proposte dalla Commissione per evitare il ripetersi di quanto accaduto tra la notte elettorale del novembre 2020 fino alla cruenta transizione dei poteri presidenziali del 6 gennaio 2021, anche quella dell'Electoral Count Act, la legge risalente al 1887, che ancora regola la certificazione del voto.

Sia la Camera che il Senato hanno già approvato una propria versione di riforma, che comunque renderà più difficile i tentativi di sovversione della volontà popolare, come invece, secondo l'atto d'accusa, tentò di fare Trump.L'ex presidente, in calo nei sondaggi dopo le sconfitte dei 'suoi candidati nelle elezioni di midterm, e assediato dai guai giudiziari, ha replicato alle accuse attraverso il suo social network Truth. Si è trattato di un documento "altamente di parte", ha detto Trump del Rapporto, denunciando ancora una volta la "caccia alle streghe" che sarebbe in atto contro di lui. Così come per il deferimento annunciato lunedì, la parola finale sulla sorte del tycoon, riguardo alle accuse legate al voto del 2020 e all'assalto a Capitol Hill, spetta a Merrick Garland. Il ministro della Giustizia sarà chiamato a decidere un eventuale rinvio a giudizio per il tycoon, dopo la conclusione dell'indagine affidata al procuratore speciale Jack Smith. Se l'ex presidente dovesse essere chiamato a rispondere delle sue azioni davanti a un giudice, si tratterebbe di un fatto senza precedenti nella storia degli Stati Uniti.

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