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Boris Johnson, il governo ha le ore contate. Mollato da due ministri dopo lo scandalo molestie: non può continuare

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Passato indenne dal "processo" interno per il party-gate, Boris Johnson torna a rischiare grosso. E stavolta sembra davvero sul punto di non ritorno. Due pezzi da novanta del governo britannico abbandonano il primo ministro al suo destino aprendo una crisi governativa di una tale portata che in molti, ormai, si chiedono se la carriera politica del più poliedrico dei primi ministri del Regno Unito non abbia le ore contate.

 

È un vero e proprio tsunami quello provocato a Downing Street dalle dimissioni, all’unisono, del ministro dell’Economia, Rishi Sunak, e del ministro della Salute Sajid Javid. Lasciano scoperti due dicasteri cruciali, in un momento delicato della vita pubblica britannica, sia per via della crescita esponenziale del costo della vita sia per il notevole aumento dei casi di Covid nel Paese. Al di là dell’aspetto gestionale della cosa pubblica, è però l’intenzione del gesto a colpire: per Sunak e Javid, Johnson non può continuare ad andare avanti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la vicenda del vice capogruppo del partito Chris Pincher che, mercoledì scorso, ha aggredito sessualmente due uomini in un club privato alla presenza di colleghi e personaggi di spicco. Pare che le abitudini di Pincher fossero note negli ambienti conservatori ma Johnson lo aveva voluto comunque nominare in quanto suo fedelissimo. Solo due giorni fa, il primo ministro aveva dichiarato di non essere stato a conoscenza delle segnalazioni a carico di Pincher prima della nomina ma le sue parole sono state ampiamente contraddette sui media nazionali. 

 

Dalle ricostruzioni, è emerso che non solo molti deputati conservatori si erano lamentati ufficialmente di Pincher ma addirittura la moglie del premier, Carrie, nel lontano 2017, quando ancora lavorava presso il quartier generale delle campagne elettorali del partito, aveva segnalato il comportamento inaccettabile del deputato. Ed è proprio l’ombra dell’ennesima menzogna che ha scatenato la reazione dei due ministri e di molti altri deputati.

I risultati disastrosi delle ultime due elezioni di circoscrizione, le multe per le feste a Downing Street durante il lockdown e le accuse di mentire in parlamento hanno fatto sprofondare la credibilità di Boris Johnson all’interno del suo stesso partito. Per non parlare dei numerosi scandali sessuali e di come sono stati gestiti da Downing Street: il caso di Imran Ahmad Khan, condannato a 18 mesi di carcere per aver aggredito sessualmente un quindicenne nel 2008; quello di David Warburton, sospeso da partito ad aprile a causa di ben tre accuse di molestie sessuali e sotto indagine da parte della Commissione per gli standard parlamentari per possibili violazioni delle regole di lobbying alla Camera dei Comuni e per non aver dichiarato un prestito di 100.000 sterline da un uomo d’affari russo.

 

E ancora, Neil Parish, sospeso dal partito perchè guardava filmati pornografici durante le sedute parlamentari e il controverso caso di un deputato di cui il nome non è noto, accusato di violenze sessuali fra il 2002 e il 2009, arrestato anche con l’accusa di abuso d’ufficio e cattiva condotta in un ufficio pubblico e uscito su cauzione ma ancora indagato dalla polizia.

È difficile immaginare come Johnson possa continuare a governare dopo quest’ultima crisi. La sua credibilità è fortemente messa in discussione dai suoi ministri più importanti e i risultati elettorali sottolineano la sfiducia degli elettori. Si paventano due strade per il controverso primo ministro: o le dimissioni o le elezioni anticipate. Per dirla con le parole del leader dell’opposizione Keir Starmer «è chiaro che il governo sta collassando». 

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