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Rinchiusi nei campi per migranti ed espulsi: scandalo per le regole post-Brexit del Regno Unito

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Dura vita per i cittadini europei che devono visitare il Regno Unito dopo la Brexit. Almeno una trentina di uomini e donne provenienti da diversi paesi dell’Unione Europea, Italia compresa, sono stati sono stati fermati e rinchiusi nei centri di accoglienza britannici per migranti, prima di essere espulsi, per aver cercato di entrare nel territorio senza visto per lavorare o status di residente. Diplomatici europei hanno espresso preoccupazione alla luce di casi di cittadini rimasti nei centri fino a sette giorni prima di essere rimpatriati, a volte senza la possibilità di avere contatti con l’esterno. 

 

 

Sono stati almeno 30 i casi che hanno visto protagonisti tedeschi, greci, italiani, romeni e spagnoli. A svelarlo è il portale Politico.ue, che aggiunge poi che le rispettive ambasciate a Londra hanno offerto consulenza legale e sono intervenute per cercare di accorciare il periodo di detenzione, anche se non tutti i cittadini Ue hanno cercato il sostegno del consolato.

 

 

In maggioranza si tratta di giovani che hanno tentato di entrare in Gran Bretagna per lavorare come baby-sitter o per fare altri lavoretti, una prassi comune quando la nazione guidata da Boris Johnson faceva ancora parte dell'Ue. Il lungo periodo di detenzione in alcuni casi è parzialmente spiegabile con il fatto che, a causa delle restrizioni ai viaggi per il Covid, ci sono meno voli disponibili e il ministero dell'Interno britannico deve anche organizzare un tampone prima del rimpatrio. Tuttavia, alcuni governi europei hanno trovato queste lungaggini "sproporzionate" e avrebbero auspicato una presa di posizione più dura di Bruxelles nei confronti di Londra. Dalle parti del Regno Unito il rigore non manca: gli stranieri che decidono di partire senza conoscere le nuove norme post-Brexit scatta attualmente l'arresto e l'espulsione, venendo ormai considerati come immigrati clandestini. 

 

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