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I liberali mollano la Merkel e avvicinano la Germania a nuove elezioni

Angela Merkel

Il tentativo di formare la coalizione "Giamaica" è andato in frantumi

Simone Santucci
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Come la Spagna e come la Grecia. Era inimmaginabile solo due mesi fa eppure il tentativo, l'unico plausibile sulla carta, di formare la coalizione Giamaica è andato in frantumi, e fa così avvicinare la Germania a quel rischio di ingovernabilità che hanno sperimentato ormai quasi tutti i Paesi europei. E' passato un minuto dopo la mezzanotte quando è arrivato, nero su bianco, il comunicato del capo dei liberali tedeschi, Christian Lindner, il quale annuncia la fine delle trattative e il ritiro dell'Fdp dalle consultazioni che da oltre cinquanta giorni bloccano la nascita del nuovo governo Merkel, il quarto dal 2005. Troppe le contraddizioni tra le tre formazioni politiche, Cdu-Csu, liberali e verdi, per poter arrivare ad un accordo. Tra i nodi che hanno determinato la rottura non solo l'annosa questione dei migranti sui quali la Merkel ha rischiato di perdere le elezioni dello scorso 24 settembre ma anche l'energia, storico pallino della politica ambientalista tedesca. La chiusura progressiva, e già preventivata da tempo, delle centrali a carbone ha bloccato, per giorni, ogni progresso sull'accordo complessivo di coalizione, portando i verdi ad alzare la posta dopo le loro rinunce sulla totale eliminazione delle auto a motore entro il 2030. Un gioco al rialzo che ha portato i liberali, contrari a questa rigidità, a fare un passo indietro e lasciare il cerino in mano ai democristiani e ai verdi, divisi, a loro volta sulle politiche di accoglienza per i migranti e sulla richiesta di ricongiungimento familiare per i rifugiati fortemente voluto dalla leader dei verdi Kathrin Goering-Eckardt. Insomma, l'ottimismo della Merkel all'indomani della tornata elettorale che aveva visto l'ottima performance del partito di destra oltranzista di Alternative fuer Deutschland è ormai solo un lontano ricordo e il netto calo col quale le borse hanno aperto stamattina dimostrano la criticità di queste ore di incertezza destinate a bloccare, a cascata, anche le future decisioni di Bruxelles. Con la principale economia comunitaria impegnata a trovare la quadra su un accordo di governo sempre più improbabile, con la Spagna impegnata sulla questione catalana e con alle porte le elezioni italiane dalle quali non uscirà probabilmente una maggioranza chiara l'Europa rischia di perdere terreno, ancora di più, sullo scacchiere internazionale proprio durante le trattative per la Brexit, anche loro su uno stallo pressoché totale. Le soluzioni sul campo, ora, si riducono sensibilmente. L'Spd dell'ex presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, dopo la sonora batosta di settembre non pare disponibile a fornire soccorso alla cancelliera, con la quale i socialdemocratici hanno pure governato per ben dieci anni durante il suo primo e terzo governo. Si avvicinerebbe così lo spettro di nuove elezioni che, con una certa probabilità, premierebbero ancora di più la destra xenofoba (che già chiede le dimissioni della cancelliera) costringendo Merkel e Schulz o ad un accordo in extremis o al definitivo passo indietro. Per la Merkel, che nella notte non ha mancato di esprimere la propria delusione per una accordo che era "a portata di mano" si apre ora la fase più difficile del suo lunghissimo mandato che dura ormai da ben dodici anni. E le possibilità che non sia più lei a guidare il futuro governo si fanno sempre più concrete. Berlino al pit-stop, in fin dei conti, non conviene a nessuno. E non è detto che a guidare la Cdu-Csu sarà ancora Frau Merkel.

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