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È morto Charles Manson, uno degli assassini più feroci della storia

Charles Manson

Nel 1969 fu il mandante della strage di Bel Air in cui morì Sharon Tate

Carlo Antini
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Il 9 agosto 1969, gli Stati Uniti assistettero a uno dei più efferati omicidi della loro storia recente. Un gruppo di persone armate si introdusse nella residenza di Cielo Drive a Los Angeles e uccise spietatamente quattro persone: Sharon Tate, attrice moglie 26enne del regista Roman Polanski e incinta all'ottavo mese, l'amico hairstylist Jay Sebring, gli altri amici Wojciech Frykowski e Abigail Folger, e il venditore di passaggio Steven Parent. A uccidere furono dei seguaci di Charles Manson, in quello che diventò il più noto degli omicidi commessi dalla sua setta, chiamata la "Famiglia". Gli assassinii ebbero un'enorme risonanza mediatica e anche la setta ne derivò un'enorme, e macabra, popolarità. A quel tempo Manson, nato il 12 novembre 1934 a Cincinnati in Ohio, era entrato e uscito molte volte dal carcere, dopo un'infanzia difficile in cui era stato trascurato dai genitori ed era finito a vivere per strada. In seguito, Manson ha raccontato di aver subito violenze e abusi sessuali, e di altrettanti è stato accusato. Dopo la metà degli anni '60, mentre era libero, Manson cominciò ad attirare attorno a sé molti adepti, uomini e donne provenienti da vari gruppi sociali. Si presentò loro come una figura paterna, un punto di riferimento, un amante, un mentore: ne nacque la setta della "Famiglia" e l'odio per i neri. In questo periodo nacque la sua ideologia "Helter Skelter", derivata dall'interpretazione di Manson della canzone dei Beetles, in cui lesse l'avvicinarsi di una guerra tra "razze". Dopo una serie di omicidi seriali commessi dai membri della sua setta, nell'agosto 1969 avvenne l'assassinio passato alla storia per la sua efferatezza: quello nella casa di Polanski. Nessuno degli occupanti della casa fu risparmiato, non ci furono sopravvissuti. Polanski si salvò perché si trovava all'estero per lavoro. Il giorno successivo furono uccisi in un altro spietato crimine Leno e Rosemary LeBianca, sempre a Los Angeles. Entrambi i crimini furono estremamente violenti e accomunati da scritte sui muri realizzate con il sangue delle vittime. Gli omicidi seriali proseguirono e voci sul coinvolgimento della setta, che in quel periodo viveva nello Spahn Ranch, cominciarono a circolare. Con queste si concentrò l'attenzione della polizia su Manson, che fu inizialmente arrestato per droga, poi incriminato anche per gli omicidi grazie alla delazione di alcuni ex adepti. Nel 1970 iniziò il processo e nel 1971 Manson, considerato il mandante degli assassinii, fu condannato a morte (poi convertita in ergastolo perché la California abolì la pena capitale) per il suo ruolo in questi ultimi omicidi. Altre condanne analoghe furono inflitte a vari suoi seguaci. Manson si era presentato in tribunale con una X tatuata in fronte, che in seguitò trasformò in una svastica. Per più di 10 volte gli è stata negata la libertà sulla parola, mentre per oltre 45 anni è stato rinchiuso nella prigione statale di Corcoran, in California. È morto in ospedale a Bakersfield, in California, dove si trovava in fin di vita per un'emorragia intestinale.

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