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Morti, perseguitati e desaparecidos Dal '59 il regime di Fidel Castro ha ucciso 10 mila dissidenti

Carcerazioni, torture e sparizioni. Così il lìder màximo ha tolto la voce a chi chiedeva le libertà democratiche

Pietro De Leo
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Mettete da parte il sogno della Revolucion, il romanticismo di barbe lunghe e divise verdi, l'epica iconografica dello sguardo contemplativo del “Che” e del sigaro di Fidel, la dédiabolisation agevolata da Obama e Papa Francesco. A Cuba si soffre, si viene perseguitati, si conoscono pestaggi, carcerazioni lampo e, soprattutto, la morte. Il tutto per le proprie idee politiche. Freedom House ha calcolato che dal 1959 ci siano stati quasi 10 mila morti a causa di esecuzioni sommarie, persone perite in carcere o scomparse in esecuzioni misteriosi. E dunque quello che vi proponiamo è un piccolo "tour" non tra le spiagge da sogno o le grazie di qualche fanciulla bendisposta. Ma nella foresta dei numeri di un regime sanguinario e spietato, e qualche aneddoto di come la sua furia si manifesta. La «Comision Cubana de Derechos Humanos y Reconciliacion National» è un'organizzazione fondata quasi trent'anni fa, nel 1987, per monitorare la condizione dei detenuti, denunciare pubblicamente la repressione e offrire patrocinio legale gratuito ai dissidenti finiti nelle maglie della in-giustizia castrista. Secondo questa realtà, negli ultimi sei anni, a parte due lievi flessioni nel 2013 e nel 2015, il trend delle carcerazioni per motivi politici si è sempre mantenuto in crescita. E per quest'anno è previsto il superamento di quota 10mila arresti per motivi politici, a dispetto dell'indulto-spot per 787 detenuti deliberato da regime per far contento il Papa. A essere molto colpite, sono le attiviste dell'associazione Damas de Blanco (formata da mogli e famigliari dei dissidenti imprigionati dal regime) la cui leader storica, Laura Pollan, è morta cinque anni fa in ospedale, ufficialmente per arresto cardiaco ma con molti dubbi da parte degli anticastristi. E poi ci sono realtà come l'«Unione Patriottica», o il movimento «Reflexion». Senza dimenticare i giornalisti indipendenti e i bloggers, perennemente ostacolati nel loro lavoro. Stando ai dati, solo a ottobre ci sono state 620 carcerazioni per motivi politici, ma il mese record è stato gennaio, con 1.414. Andando a fare una statistica, escludendo il 2016 che non è ancora terminato, l'anno nero dell'ultimo quinquennio è stato il 2014, con 741 carcerazioni mensili. Dati che hanno comunque sempre un margine di errore «in difetto» perché, ci viene spiegato, le organizzazioni e le associazioni hanno difficoltà a raccogliere le testimonianze, vista la cappa di violenza e il controllo che aleggia su di loro. Ma come agisce la repressione governativa? In una molteplicità di fattispecie. Essere arrestati, e poi rilasciati dopo alcune ore, nel corso delle quali si subiscono minacce e pestaggi, è probabilmente la prassi più frequente. Ma molto gettonato è anche l'«acto de repudio», che è davvero frutto di ingegno diabolico. Consiste in un sit in pilotato dai servizi segreti castristi spesso coinvolgendo degli spiantati che si accontentano di poco, davanti alla casa del dissidente «obiettivo», che viene bersagliato di insulti e additato pubblicamente come nemico della Patria. Se costui reagisce in qualche modo, viene arrestato. Poi ci sono i continui piantonamenti e pedinamenti. E non mancano le perquisizioni domiciliari (spesso anche senza mandato) dove vengono sequestrati computer e telefoni cellulari. Non solo, agli attivisti viene impedito di partecipare alle loro riunioni: ci sono dei casi in cui vengono prelevati, trattenuti per alcune ore in stato di fermo, quindi abbandonati in località remote, qualcuno anche in autostrada. E poi devono cavarsela da soli. Il colmo si raggiunge nella repressione persino contro chi ha provato a portare cibo, medicinali e vestiti agli sfollati per l'uragano Matthew, che si è abbattuto (anche) sull'isola all'inizio di ottobre. Addirittura un poveretto è stato arrestato per aver scattato delle foto. Per non parlare degli arresti collettivi eseguiti ogni domenica, al fine di impedire agli oppositori del regime di andare a Messa. Chissà cosa ne pensa Papa Francesco... 

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