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Da Juncker a De Blasio, prime tensioni per Trump

Donald Trump e Barack Obama

L'affondo del presidente della Commissione Ue: "Con lui al potere perderemo due anni". E il sindaco di New York annuncia: "Non gli consegnerò gli elenchi degli immigrati irregolari che vivono in città"

Silvia Sfregola
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Nella stessa giornata in cui i leader europei, da Angela Merkel a François Hollande, hanno rotto il silenzio congratulandosi per la sua elezione e impegnandosi al dialogo, il presidente eletto Donald Trump ha incontrato le prime resistenze e complicazioni a livello istituzionale. Il primo a rompere la consueta diplomazia è stato il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che in un incontro con i giovani alla Corte di Giustizia Ue in Lussemburgo, ha lanciato un duro attacco: "Con Trump perderemo due anni, il tempo che faccia il giro del mondo che non conosce". E ha rincarato la dose: "Gli americani in generale non hanno attenzione verso l'Europa. Riguardo a Trump, credo di capire che lui pensi davvero che il Belgio sia un villaggio da qualche parte nel nostro continente... In breve, dovremo mostrargli e spiegare cos'è l'Europa". Secondo Juncker, "gli equilibri intercontinentali" potrebbero essere "disturbati" con Trump alla Casa Bianca, perché, avendo già lavorato con quattro presidenti Usa, ha "constatato che tutto quello che si dice in campagna elettorale è vero un pò per tutti, purtroppo". A complicare la giornata del prossimo inquilino della Casa Bianca, è intervenuto anche il sindaco di New York, Bill de Blasio, che ha annunciato che non consegnerà a Trump il database che custodisce l'identità di 850 mila immigrati illegali della Grande Mela. "Il database non verrà consegnato a Trump senza "una vera e propria lotta", ha assicurato De Blasio precisando che qualsiasi proposta che sarà vista come "una minaccia per i newyorkesi verrà affrontata". "Non abbiamo intenzione di sacrificare gli 850 mila immigrati che vivono con noi, che fanno parte della nostra comunità - ha spiegato il sindaco parlando ai giornalisti nella City Hall - Non vogliamo dividere le famiglie e quindi faremo di tutto per resistere a questo". In campagna elettorale Trump aveva promesso che avrebbe espulso tutti i migranti illegali presenti sul territorio degli Stati Uniti. Sono circa 11,1 milioni. La giornata del presidente eletto era iniziata nel migliore dei modi, con una riunione con i suoi più stretti collaboratori negli uffici del Trump Tower. Obiettivo, porre le basi per la formazione del prossimo governo. Tra coloro che si sono visti salire sull'ascensore dell'edificio anche l'ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, grande favorito secondo i media come possibile procuratore generale. All'ingresso sulla Fifth Avenue anche l'ex capo della campagna di Trump, Corey Lewandowsky, che continua ad avere un rapporto molto stretto con il magnate, e la portavoce di Trump, Hope Hicks. A seguito della riunione è arrivato anche l'annuncio: a guida del cosiddetto team-transition non ci sarà più il governatore Chris Christie ma il vicepresidente eletto, Mike Pence, ex parlamentare con profondi legami a Washington. Secondo fonti vicine alla transizione, citate dal New York Times, Trump avrebbe spiegato la mossa ai consulenti con il fatto che voleva utilizzare tutti i contatti di Pence per far proseguire la transizione. Secondo l'Nbc, il passaggio di consegne è arrivato a due settimane dalla condanna dei due ex soci di Christie per lo scandalo "Bridgegate" in New Jersey. Nel frattempo emergono anche le prime tensioni con l'attuale presidente Barack Obama. L'incontro di giovedì tra Obama e Trump alal Casa Bianca non sarebbe andato così bene come sembrato dalle dichiarazioni iniziali. Emergono infatti questioni, come quelle estere, di un "non allineamento" tra i due. Secondo quanto riporta il magazine Politico, che cita fonti vicine alla transizione, il team di transizione repubblicano avrebbe infatti ammonito Obama a non attuare misure in termini di politica estera. Soprattutto, in vista del suo viaggio in Europa previsto dal 15 al 17 novembre in cui il presidente farà tappa in Germania e in Grecia e in cui questioni chiave saranno il conflitto in Siria e la crisi dei migranti. Su grandi questioni di trasformazione dove il presidente Obama e il presidente eletto Trump non sono in allineamento, non credo che sia in linea con lo spirito della transizione" prendere impegni in politica estera, "... per cercare di far passare punti all'ordine del giorno che sono in contrasto con la posizione del presidente eletto", ha riferito un consigliere per la sicurezza nazionale di Trump al magazine Politico. "Non solo potrebbe essere controproducente, ma rischia di mandare segnali contrastanti" spiega la fonte. Prima della vittoria di Donald Trump, dai circoli democratici di politica estera erano emerse voci secondo cui Obama avrebbe intenzione di fare un ultimo tentativo per quanto riguarda i colloqui di pace tra israeliani e palestinesi. C'era anche una forte attesa che Obama avrebbe spinto al massimo nel Congresso per far approvare l'accordo commerciale Tttp. Secondo l'entourage di Trump, Obama non dovrebbe neppure pensare di fare passi del genere. Inoltre, nel suo viaggio europeo Obama dovrebbe incontrare Angela Merkel, François Hollande, la britannica Teresa May e Matteo Renzi. Tra i temi in agenda: Siria, Ucraina, crisi dei migranti. Ma sullo sfondo, impera il rapporto con il presidente russo Vladimir Putin con cui Trump sembra avere buone relazioni.

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