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Iran: toni morbidi di Rowhani verso l'Occidente

Hasan Rouhani

Il nuovo presidente ha giurato davanti al parlamento. L'obiettivo è la rimozione delle sanzioni che hanno messo in ginocchio l'economia.

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L'avvento del nuovo presidente della Repubblica islamica, Hassan Rowhani potrebbe segnare l'attesa svolta nelle relazioni tra l'Iran e il resto del mondo, anche se sono ancora in molti, Israele in testa, a non fidarsi. Del resto, le dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi dal presidente, che oggi ha giurato di fronte al Parlamento nel corso di una cerimonia alla quale hanno partecipato per la prima volta inviati di diversi Paesi, non lasciavano ben sperare. Tuttavia Rowhani ha poi fatto parziale retromarcia e questo potrebbe essere un segnale importante. Rowhani succede a Mahmoud Ahmadinejad, che nel corso dei suoi due mandati si era fatto conoscere per il braccio di ferro con l'Occidente sul programma nucleare e per l'aumento della tensione con Israele. «L'unico percorso per interagire con l'Iran - ha detto il presidente iraniano nel suo discorso - è attraverso negoziati su basi comuni, reciproca fiducia, mutuo rispetto e riduzione delle ostilità. Se si vuole una risposta adeguata, non si deve parlare all'Iran con il linguaggio delle sanzioni ma con quello del rispetto. Il popolo ha votato per la moderazione - ha continuato Rowhani, che dal 2003 al 2005 condusse i negoziati sul programma nucleare - il popolo vuole vivere meglio, con dignità e in una condizione di stabilità. E vuole riguadagnare il posto che merita tra le nazioni». «La traiettoria del mio governo - aveva detto sabato assumendo formalmente la carica conquistata in una elezione che gli ha consegnato un solidissimo consenso popolare, - sarà la salvezzza dell'economia iraniana e un impegno di collaborazione costruttiva con il mondo». Negli ultimi due anni le sanzioni comminate a Teheran hanno spinto l'inflazione oltre il 45% mentre il rial ha perso quasi il 75% del proprio valore. A tutto questo si aggiunge un tasso di disoccupazione a due cifre. L'obiettivo, dunque, è spezzare l'isolamento e un segnale in questo senso è arrivato dall'invito alla cerimonia del giuramento rivolto per la prima volta agli inviati di tutti i Paesi, eccetto Stati Uniti e Israele. Tra loro, anche il presidente sudanese Omar al Bashir, ricercato dal Tribunale internazionale dell'Aja per crimini contro l'umanità, che però non è potuto arrivare a Teheran dopo che l'Arabia Saudita aveva negato al sudanese il permesso di sorvolo nello spazio aereo di Riad. La risposta degli Stati Uniti non si è fatta attendere. Attraverso il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, gli USa hanno fatto sapere di essere pronti a diventare un «partner volenteroso» dell'Iran qualora il nuovo presidente voglia affrontare seri negoziati sul programma nucleare. Nel messaggio di congratulazioni, viene affermato che l'elezione di Rowhani «rappresenta un'opportunità per l'Iran affinché agisca rapidamente per sciogliere le profonde preoccupazioni della comunità internazionale relative al suo programma nucleare». Le relazioni tra i due stati sono interrotte dal 1979.

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