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Chi ha diritto alla pensione anticipata, quanti anni e contributi: l'opzione donna

Una donna sfoglia un modulo per la richiesta di pensione

Filippo Caleri
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Ecco come andare in pensione prima del tempo. A 58 anni di età se dipendenti o a 59 se autonome. Non è un sogno ma un’opportunità concessa anche per quest’anno solo alle lavoratrici. E non tutte ma solo a quelle che, alla fine del 2021, hanno maturato 35 anni di contributi.  Una possibilità offerta dall’ultima legge di Bilancio, quella per il 2022, che ha prorogato per tutto l’anno l’anticipo rispetto ai paletti stretti previsti dalla legge Fornero. Non è tutto oro quello che luccica però. Perché per usufruire dell’opportunità si deve accettare un importo più basso.

L’uscita anticipata
Sul piatto la grande chanche di uscire molto prima rispetto a quanto previsto dal governo Monti con la legge (214 del 2011). Le donne possono lasciare il posto 6 anni e 10 mesi prima se si considera la pensione di anzianità (prevista con 41 anni e 10mesi di contributi senza limiti di età). O addirittura 8 anni prima se si considera l'età pensionabile per vecchiaia fissata a 67anni.

 

 

Il prezzo da pagare
Il vantaggio di uscire, per dedicarsi magari ai nipoti o anche godersi la vita in buone condizioni di salute, porta con sé anche uno svantaggio. La somma finale dell’assegno si abbassa perché viene annullata nel calcolo dell’importo della pensione l’effetto della quota retributiva cioè quella che è relativa ai periodi antecedenti il 1996 che, senza opzione donna, sarebbero calcolati col metodo retributivo che normalmente è più vantaggioso. I contributi precedenti alla partenza della riforma Dini sono infatti rivalutati anno per anno fino al 1996, sommati insieme in modo da formare una montante unico (chiamato tecnicamente  montante A) che si rivaluta a sua volta fino alla decorrenza della pensione con l’effetto di dare un peso specifico più importante ai versamenti. Le marche accreditate a partire dal 1996 vengono invece conteggiate col classico sistema contributivo fino a formare la seconda quota (montante B) che sommata al montante A realizzano quello complessivo su cui applicare il coefficiente di trasformazione, cioè la percentuale che determina il valore della pensione annua.

 

 

Chi vince e chi perde
Non è possibile ovviamente stimare complessivamente quanto si perde. Ogni caso va valutato singolarmente perché può essere che le retribuzioni siano elevate a inizio carriera (prima del 1996) e meno alte successivamente perché magari una donna, alla nascita dei figli, ha fatto un passaggio da full time a part time. In questo caso l’opzione donna è molto penalizzante perché si rinuncia al retributivo che porta su la rendita e si ottiene poco per la rivalutazione di somme più basse.

 

Il vantaggio
Non si vive però di solo pane. Sì perché l’opzione di uscita a 58 e 59 anni deve essere fatta con una visione differente. Accedere alla pensione sette od otto anni prima rispetto alle norme della Fornero significa percepire un trattamento annuale meno elevato di quello che sarebbe spettato con una pensione calcolata con sistema misto e liquidata anni dopo. Ma si guadagnano anni di vita libera da impegni e soprattutto con un'età che consente di svolgere un'attività autonoma anche part-time oppure per dedicarsi a sviluppare i propri interessi come viaggi o hobby artistici. Non solo. Soprattutto per le donne l’uscita anticipata può rappresentare una forma di welfare indiretto che può consente, ad esempio, di aiutare figli in carriera a gestire i nipoti o accudire genitori con autosufficienza limitata.

 

 

I tempi
C’è un’altra piccola tassa da pagare per uscire prima. L’opzione donna, se scelta, dà diritto alla decorrenza della pensione solo dopo 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e di 18 mesi per quelle autonome. Dunque in realtà per accedere all’opzione occorre compiere 59 o 60 anni per vedere gli effetti sul portafoglio.  

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