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Sì alle pensioni anticipate ma saranno basse

Il rapporto del Fondo monetario internazionale

Luigi Frasca
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Ok alle pensioni anticipate, ma con assegni legati ai contributi versati: è quanto sottolinea il Fondo monetario internazionale nel suo rapporto Article IV sull'Italia, riconoscendo che «l'Italia ha fatto più della maggior parte dei paesi nel riformare il proprio sistema pensionistico, generando risparmi nel lungo periodo. Ma nei prossimi decenni si prevede che le pressioni sulla spesa aumenteranno considerevolmente. Certo, ha notato ancora il Fondo, «quota 100» ha aumentato ulteriormente le spese e creato una discontinuità nell'età pensionabile. È importante preservare l'indicizzazione dell'età pensionabile in base all'aspettativa di vita, garantire l'equità attuariale anche per il pensionamento anticipato (ovvero, collegare strettamente le prestazioni a vita con i contributi versati)». Leggi anche: Il Portogallo tassa le pensioni, addio pacchia per gli italiani Secondo il Fondo monetario internazionale la crescita del Pil reale (dopo lo 0,2% stimato nel 2019) è prevista allo 0,5% nel 2020 e nei prossimi anni allo 0,6-0,7 per cento. «Queste previsioni - spiega ancora il rapporto - sono le più basse dell'Ue, riflettendo una crescita potenziale debole. La materializzazione di shock avversi, come l'escalation delle tensioni commerciali, un rallentamento dei principali partner commerciali o eventi geopo litici potrebbero portare a prospettive molto più deboli». Il fondo rileva che «le misure chiave nel bilancio di quest' anno comprendono il rinvio degli aumenti dell'Iva, un cuneo fiscale del lavoro leggermente più basso, la lotta all'evasione fiscale, gli incentivi per gli investimenti privati e maggiori investimenti pubblici, incluso il Green New Deal. Prevedia mo un disavanzo complessivo intorno al 2,4% del Pil nel 2020, dopo di che diminuisce marginalmente. Ciò si basa su ipotesi di crescita nominale inferiori rispetto alle autorità ed esclude future clausole di salvaguardia dell'Iva» sottolinea ancora il rapporto, secondo cui inoltre «si prevede che il debito rimarrà elevato vicino al 135% del Pil nel medio termine e aumenterà a lungo termine a causa della spesa pensionistica. Se si dovessero manifestare shock avversi, il debito aumenterebbe sempre più rapidamente. Pertanto, è fortemente consigliabile trarre vantaggio dagli attuali bassi tassi di interesse per attuare un consolidamento credibile a medio termine, legiferando in anticipo». In tema di fisco, l'Fmi sostiene che «il cuneo fiscale medio italiano per il lavoro è di circa il 48 per cento, rispetto alla media Ue di circa il 42 per cento. Il piano delle autorità riduce modestamente il cuneo dello 0,2-0,3 per cento del Pil nel periodo 2020-21. Una riduzione più ambiziosa della media Ue potrebbe costare il 2% del Pil, che dovrebbe essere compensato da un significativo ampliamento della base». Infine, secondo il Fondo in merito al programma sul reddito di cittadinanza gli importi sono «ben al di sopra dei parametri di riferimento internazionali; diminuiscono troppo rapidamente con le dimensioni della famiglia, penalizzando le famiglie più grandi e più povere; e cadono bruscamente se viene accettata un'offerta di lavoro, specialmente a salari bassi. Queste caratteristiche pro gettuali dovrebbero essere allineate alle migliori pratiche internazionali per evitare disincentivi al lavoro e alla dipendenza dal benessere». Il fronte previdenza è già cal do da giorni, in vista dell'avvio del tavolo di confronto governo -sindacati con cui rimettere mano alla riforma Fornero. Ultimo, in ordine di tempo, è arrivato il «ragionamento» del presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, che alcuni giorni fa ha aperto alla possibilità di un pensionamento anticipato rispetto ai 67 anni previsti dalla legge ma solo se la pensione sarà sottoposta ad un ricalcolo contributivo. Proposta contro cui si sono schierati Cgil, Cisl e Uil ma rispedita al mittente e bocciata duramente anche dall'ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che l'ha giudicata «poco opportuna e politicamente poco fattibile»: il rischio peraltro sarebbe quello «di creare nuovi poveri», dice. Ad innescare la miccia delle polemiche dunque il presidente Inps: «La flessibilità rispetto ai 67 anni va garantita, soprattutto se ragioniamo in termini di logica contributiva. Si fissa una linea di età per l'uscita, poi il lavoratore deve essere libero di scegliere quando andare in pen sione. Ovviamente con ricalcolo contributivo, come avverrà per tutti dal 2036. È poi necessario prevedere pensioni di garanzia per i giovani, coprendo i vuoti contributivi dovuti al lavoro precario», aveva spiegato Tridico in una intervista a «Repubblica» scatenando l'ira dei sindacati. È stata la Cisl ad attaccare duramente l'ipotesi. «Siamo contrari a qualsiasi ipotesi di scambio tra flessibilità in uscita e calcolo integralmente contributivo della pensione perché sarebbe penalizzante.

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