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La crisi affossa la Borsa, lo spread vola a quota 234

Milano cede il 2,1%, azzerati i guadagni del 2018. Tassi in rialzo all'asta dei Btp

Silvia Sfregola
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Inizio di ottava in profondo rosso per Piazza Affari che azzera i guadagni da inizio anno. I mercati castigano l'Italia dopo il ribaltone politico di ieri sera che porta allo spettro di nuove elezioni a breve e la concreta possibilità di una affermazione più netta delle forze populiste ed euroscettiche alle prossime elezioni. Oggi intanto Mattarella ha conferito a Carlo Cottarelli l'incarico di formare un governo di transizione che potrebbe durare molto poco, con elezioni a settembre, se non otterrà fiducia da parlamento. L'indice Ftse Mib ha chiuso a quota 21.932 punti, in calo del 2,08%. A rabbuiare l'umore di Piazza Affari l'ascesa dello spread oltre i 230 punti (massimi da fine 2013) base dai 206 punti base della chiusura di venerdì. Il mercato ha accolto male anche i riscontri dall'asta del Tesoro. Collocati oggi Ctz biennali per 1,75 mld (massimo della forchetta prevista) a un tasso dello 0,35% dal -0,275% dell'asta dei titoli analoghi tenuta ad aprile. Collocati anche Btpei a 5 e 10 anni per 1,25 miliardi di euro: il rendimento medio di assegnazione del Btpei decennale è salito dallo 0,47% all'1,28%, mentre quello del quinquennale è passato dal -0,43% di marzo a -0,05%. Ribassi consistenti per le banche, il settore maggiormente esposto al rischio Btp. Ripetute sono state le sospensioni per eccesso di ribasso per le big bancarie. In chiusura ribassi del 6,77% per Banco Bpm e del 5,8% per Bper. Molto male anche Unicredit (-3,83%) e Intesa Sanpaolo (-3,24%). Flessione vicina al 5% in area 3,5 euro per Saipem che è stata anche brevemente sospesa per eccesso di ribasso. Oltre -2% invece per Eni. Pesa, oltre all'impostazione dell'azionario Italia, la debolezza dei prezzi del petrolio con gli investitori che continuano a guardare alla possibilità che Opec e Russia ripensino i tagli dei livelli di produzione; alo stesso tempo le pressioni al ribasso sul greggio arrivano dagli aumenti della produzione shale oil negli Stati Uniti.

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