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Capezzone: «Aumenterà, il governo non smentisce»

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Il presidente della commissione Finanze della Camera: «Renzi è un bluff. Riduce il peso fiscale solo con gli annunci. In realtà ha rimesso l'Ici e ha fatto salire il prelievo sui risparmi» 

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«Finora (ore 17 e 30 di ieri ndr) nonostante la richiesta di una smentita del governo sul possibile aumento delle tasse di successione, da Palazzo Chigi e dal Tesoro non è arrivato nulla. È la prova evidente che l'indiscrezione sul al rialzo delle aliquote è più che fondata. E che l'esecutivo Renzi bara: a parole vuole abbassare le imposte, di fatto le ha già aumentate sul risparmio, sulla casa e ora lo farà sulle eredità». A puntare il dito contro la politica fiscale dell'esecutivo è Daniele Capezzone, presidente della Commissione Finanze della Camera. Ci risiamo. Non si mettono nuove tasse ma si alzano quelle esistenti. «Il silenzio del governo è la prova che Renzi a parole annuncia di lavorare all'abbassamento del carico fiscale ma in realtà sta preparando l'ennesima mazzata sulla proprietà immobiliare». I soldi servono a evitare manovre più dure? «Sì. Ma con questo atteggiamento non si va da nessuna parte. La sinistra dice che vuole rilanciare la fiducia. Difficile convincere gli italiani però se, finora, il piatto loro servito è stato il ritorno dell'Imu mascherato da Tasi, la tassa sui risparmi e ora questa nuova botta sui beni ricevuti dai parenti». Anche Renzi è un vampiro avido di risorse? «Sono i fatti a parlare. Ha aumentato la tassazione sui rendimenti dei prodotti finanziari senza troppi scrupoli. Ma il suo capolavoro è stato quello per il ritorno dell'Imu». In che senso? «All'inizio ha provato a scaricare la responsabilità della tassa sulla prima casa sul governo Letta. Poi, in estate, approvando il decreto Salva Roma non solo ha confermato la Tasi ma ha anche aumentato le aliquote base sull'abitazione principale dello 0,8 per mille. Non solo. Ha eliminato le detrazioni per le famiglie che la tanto contestata Imu, almeno, prevedeva in automatico. La vecchia tassa concedeva 200 euro di sconto per tutti e 50 euro per i figli conviventi fino al compimento del 26esimo anno di età. Infine Renzi non ha mosso un dito per bloccare questo processo. E la prova sta nel fatto che gli emendamenti per cancellare la Tasi da me presentati sono stato bloccati dalla sua maggioranza». Risultato? «Dal 16 ottobre al 16 dicembre gli italiani dovranno sopportare l'ennesima stangata». Dove sbaglia il premier. Da qualche parte le risorse le deve prendere? «La sua visione è quella di lavorare per lo zero virgola qualcosa. Ma nello stato nel quale si trova oggi il Paese il primo nemico da abbattere è la sfiducia e questo si recupera solo con uno choc fiscale. Altrimenti non ci resta che gestire il declino». Ricetta facile a dirsi ma difficile da realizzare. «La mia proposta è semplice. Sforare il 3% del deficit non per fare più spesa ma per operare una riduzione complessiva delle tasse in Italia da 40 miliardi di euro da finanziare anche con tagli di spesa». Una cifra monstre. Come sarebbe impiegata? «A vantaggio di tutti. Le imprese vedrebbero dimezzata l'Irap in due anni insieme alla diminuzione dell'Ires. Alla famiglie andrebbe tagliata la tassa sulla prima casa e due punti percentuali di Iva in meno, mentre i lavoratori vedrebbero ridotto il cuneo fiscale per circa 10 miliardi». Una proposta che prevede tagli alla spesa. La storia insegna che sulla carta sono facili, nella realtà meno. Ci faccia almeno un esempio per capire dove pensa di usare le forbici. «Tagliare l'acquisto per beni e servizi o razionalizzare le centrali di acquisto che continuano a essere migliaia. Si può partire da lì». Le tasse così alte in Italia non sono figlie del sistema fiscale contorto che non si riesce a semplificare? «È un falso problema. Il Parlamento ha dato una delega al governo con paletti ben precisi per creare una gestione fiscale semplice ed efficace. Ilimiti ci sono e ora la palla è nelle mani del governo». Che non sembra molto attivo su questo fronte. «Esatto. Dopo i primi tre decreti e cioè l'avvio della riforma del catasto, la dichiarazione dei redditi precompilata e le accise tabacco, ci eravamo illusi che il governo avesse pronti almeno quelli per il riordino delle spese fiscali, che avrebbero consentito di ridurre le tasse a cittadini e imprese già in questa legge di Stabilità. E invece niente». Cosa manca? «Dodici decreti prioritari. Tra i quali il riordino delle agevolazioni fiscali. Sono oltre 720 voci, per una spesa complessiva di circa 250 miliardi. Ma anche la sistemazione degli incentivi e contributi alle imprese. Si tratta di circa 30 miliardi complessivi». 

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