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Marchionne: "Tutti i lavoratori rientreranno da Cig"

Sergio Marchionne

L'amministratore delegato di Fiat spiega inoltre che non ha intenzione di vendere l'Alfa Romeo ai tedeschi

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"Questa operazione ha riparato Fiat e i suoi lavoratori dalla tempesta della crisi italiana ed europea, che non è affatto finita. Non solo: ha dato la possibilità di sopravvivere all'industria automobilistica italiana in un mercato dimezzato. Altrimenti non ce l'avremmo più. E invece potrà ripartire con basi, dimensioni e reti più forti". Lo afferma Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat, in un'intervista a Repubblica in merito all'acquisto della totalità di Chrysler. L'ad ribadisce che non intende vendere l'Alfa Romeo ai tedeschi: "Se la possono sognare. E credo che la sognino, infatti. L'Alfa è centrale nella nostra nuova strategia. Ma come la Jeep è venduta in tutto il mondo ma è americana fino al midollo, così il dna dell'Alfa dev'essere autenticamente tutto italiano, sempre, non potrà mai diventare americano. Basta anche coi motori Fiat nell'Alfa Romeo. Così come sarebbe stato un errore produrre il suv Maserati a Detroit: e infatti resterà a casa". "Fiat andrà nella parte alta del mass market, con le famiglie Panda e Cinquecento, e uscirà dal segmento basso e intermedio - spiega ancora Marchionne -. Lancia diventerà un marchio soltanto per il mercato italiano, nella linea Y. Come vede la vera scommessa è utilizzare tutta la rete industriale per produrre il nuovo sviluppo dell'Alfa, rilanciandola come eccellenza italiana". L'amministratore delegato di Fiat parla poi degli stabilimenti italiani: "Nel polo Mirafiori-Grugliasco si faranno le Maserati, compreso un nuovo suv e qualcos'altro che non le dico. A Melfi la 500 X e la piccola Jeep, a Pomigliano la Panda e forse una seconda vettura. Rimane Cassino, che strutturalmente e per capacità produttiva è lo stabilimento più adatto al rilancio Alfa Romeo. Mi impegno: quando il piano sarà a regime la rete industriale italiana sarà piena, naturalmente mercato permettendo". Alla domanda se finirà la cassa integrazione eterna per i lavoratori Fiat, Marchionne risponde così: "Sì, dico che col tempo - se non crolla un'altra volta il mercato - rientreranno tutti". L'ad del Lingotto parla anche di come nacque l'operazione negli Usa: "Avevamo un accordo tecnologico con Chrysler, un'intesa di minima, e mi sono accorto che non serviva a niente, perchè non produceva risultati di qualche rilievo nè per Fiat nè per gli americani. È stato allora che l'idea ha cominciato a ronzarmi per la testa. Un'idea, non un progetto. Diceva così - prosegue -: o tutto o niente. O posso entrare nella gestione e prendermi la responsabilità delle due aziende, oppure perdiamo tempo. Poi è arrivato il piano. La chiami fortuna, istinto, visione, quel che vuole. Resta il fatto che in quel momento di crisi spaventosa abbiamo visto nei rottami dell'industria automobilistica americana la possibilità di far rinascere una grande azienda in forma completamente diversa. E l'America ha creduto nelle nostre idee e ci ha aperto le porte. Se porti un'idea nuova, in Italia trovi subito dieci obiezioni. In America nello stesso tempo trovi dieci soluzioni a possibili problemi. E poi è arrivato Obama". "Aveva l'obiettivo di salvare quelle aziende. La nostra fortuna è stata di poter trattare direttamente con il Tesoro, con la task force del Presidente, non con i creditori di Chrysler, come voleva la vecchia logica - sottolinea l'ad -. Se no, oggi non saremmo qui. Ma la seconda fortuna è stata che il mercato è ripartito prima del previsto, gli Usa oggi sono tornati a produrre 15 milioni di veicoli, la cura che abbiamo fatto a Chrysler funziona, noi ci siamo, tanto che la Jeep non ha mai venduto tante macchine come nel 2013, cioè 730 mila". "Abbiamo creato una cosa nuova. E da oggi il ragazzo americano che lavora in Chrysler quando vede una Ferrari per strada può dire: è nostra. Poi, certo, se quando sono arrivato qui mi avessero detto che saremmo diventati il settimo costruttore del mondo, mi sarei messo a ridere - afferma ancora Marchionne -. Capisco anche che in questi anni qualcuno ci abbia preso per pazzi. Per fortuna gli azionisti hanno creduto nel progetto e lo hanno appoggiato. John è venuto subito a Detroit, ha capito il potenziale dell'operazione e l'ha sostenuta fino in fondo".

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