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Obama attacca: riformare Wall Street

Barack Obama

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La finanza selvaggia, quella dei subprime e dei contratti derivati che bruciano le ricchezze dei risparmiatori, ora ha meno chance di salvarsi dall'onda emotiva che sale dal mondo per mettere all'angolo le banche d'affari e gli operatori che speculano senza remore etiche. Ieri l'affondo è arrivato dal presidente degli Usa, Barack Obama, che dopo lo scandalo e la perdita di due miliardi di dollari annunciata la scorsa settimana dalla JPMorgan Chase per operazioni di finanzia derivata ha tuonato per spingere l'applicazione della «Volcker rule», la legge che dal prossimo luglio limita il campo di intervento delle grandi banche specializzate nella finanza innovativa. Il buco della JpMorgan Chase «testimonia la persistente necessità di regole che proteggano i contribuenti quando Wall Street commette degli errori» ha dichiarato ieri il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, affermando che il caso della JPMorgan mostra quanto siano necessari i controlli introdotti dopo la crisi finanziaria del 2008 e il perché essi non dovrebbero essere modificati. «I lobbysti di Wall Street stanno cercando di eliminare quei sistemi di protezione», ha aggiunto Carney che ha poi affermato che Washington non può impedire che «vengano prese decisioni sbagliate a Wall Street», ma ha aggiunto che il governo può proteggere i contribuenti dai contraccolpi di tale errori. Sulla stessa linea d'onda Carl Levin, un agguerrito senatore democratico, convinto che le banche perderanno il braccio di ferro con il presidente Obama che sta cercando di imporre la «Volcker Rule» un giro di vite proprio sul «proprietary trading». La lobby finanziaria ha intenzione di utilizzare una serie di cavilli - Levin ne è convinto - per esentare dalla stretta normativa operazioni come quelle fatte dalla «Balena» londinese. Ma paradossalmente proprio l'errore di Jp Morgan rischia di spianare la strada alla stretta voluta da Obama. Intanto Jamie Dimon, il superbanchiere di Wall Street ha chiesto scusa e promesso di andare fino in fondo nello scandalo che ha investito la sua Jp Morgan. Una promessa che fa temere un taglio dei bonus del 50% da parte dei soci e che si traduce nella caduta delle prime teste: tre manager - riporta il Wall Street Journal - lasceranno già nei prossimi giorni, entro la settimana. Ad andare via, anche se la tempistica non è ancora chiara sarà anche Bruno Michel Iklis, la «Balena di Londra», il trader con una posizione così grande da influenzare il mercato dei credit default swap. Secondo il Wall Street Journal, a lasciare in settimana saranno Ina Drew, che dal 2005 è responsabile del risk management della divisione che ha registrato i 2 miliardi di dollari di perdite; Achilles Macris, il capo della «Balena di Londra» alla guida del desk che ha effettuato le scommesse andate male; e Javier Martin-Artajo, uno dei manager dello staff di Macris. Il maxi-buco da due miliardi di dollari registrato dalla banca sul trading in conto proprio fu un «terribile, oltraggioso errore» per il quale «quasi non ci sono scuse» e «la banca dovrà pagarne il prezzo» ha spiegato Dimon ai microfoni della Nbc. Parole mai sentite prima da uno dei più celebrati banchieri americani, capace di portare Jp Morgan a scalare una montagna di utili, e di bonus per i suoi banchieri, anche nei momenti più difficili degli ultimi cinque anni. Ma incapace di rendersi conto di quello che stava esplodendo quando, nelle scorse settimane, le operazioni della «Balena di Londra» stavano per causare una maxi-perdita che potrebbe salire a tre miliardi. Intanto le probabilità che una banca italiana possa subire le perdite accusate da Jp Morgan scommettendo su strumenti derivati «sono veramente ridotte» ha detto il presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Andrea Beltratti secondo cui «le banche italiane hanno un grado di coinvolgimento in operazioni puramente finanziarie infinitamente inferiore rispetto alle banche anglosassoni o europee».

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