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Il Fisco è cruciale, serve condivisione

Il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera

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Care colleghe e cari colleghi, credo che ognuno di noi, decidendo di lavorare nei nostri uffici, sapeva bene di dover fare un lavoro difficile, e spesso sicuramente ingrato. Ma nessuno poteva mettere in conto che avrebbe dovuto svolgere anche un lavoro pericoloso. Mi è capitato di osservare in un'altra occasione che nelle grandi Nazioni con cui ci confrontiamo il rischio serio che si corre è quello di non pagare le tasse e non già quello di doverle far pagare. Ma questa, purtroppo, è una considerazione cui ormai ci costringe la realtà dei fatti. Naturalmente, abbiamo tirato un sospiro di sollievo dopo le lunghe e angosciose ore di ieri pomeriggio nell'ufficio di Romano di Lombardia, con i nostri colleghi presi come ostaggi sotto la minaccia delle armi. A loro va tutta la mia solidarietà, insieme a quella dell'Agenzia e di Equitalia, e non posso inoltre che esprimere ammirazione per il coraggio e la dignità di cui ha dato particolare prova il collega Carmine Mormandi, sapendo quanto abbia cooperato - in condizioni tremende - per una positiva conclusione della vicenda. Qualche giorno fa in uno dei nostri uffici mi si è avvicinata una collega da cui ho raccolto queste parole, che credo di poter riportare quasi esattamente, tanto mi sono rimaste impresse: «Per nessuno di noi è ormai facile la nostra vita fuori dal lavoro. Ma un tempo, quando uscivo dall'ufficio, avevo solo la famiglia cui pensare. Ciò che mi sgomenta è che ora invece continuano spesso a risuonarmi dentro le proteste, le recriminazioni e le urla di chi entra ogni giorno nei nostri uffici. Sono nostri concittadini che a volte hanno sicuramente ragione, ma non è questo il punto. Mi capita sempre più spesso di chiedermi: Dio mio, ma che dobbiamo fare? Se lavoriamo male, ci accusano di essere complici dei tanti furbi che evadono e vivono allegramente alle spalle delle tantissime persone oneste che pagano le imposte fino all'ultimo euro. Se facciamo invece il nostro dovere, siamo gli aguzzini di gente disperata che non sa più dove sbattere la testa». Per fortuna il soggetto cui era rivolta quella domanda non ero io. Gli esseri umani hanno in sé la forza di superare le prove più difficili, ma quando ne abbiano compreso fino in fondo il senso, perché solo così possono affrontarle con la giusta disposizione d'animo. Ma è proprio questo che sta diventando per noi molto problematico. I nostri uffici e il nostro stesso lavoro si stanno trasformando nel punto di emersione di conflitti e lacerazioni che segnano sempre più profondamente la nostra società. Per il mestiere che facciamo dovremmo rappresentare una garanzia fondamentale della tenuta del patto sociale su cui dovrebbe reggersi un paese civile. E invece, a sentire le accuse incredibili che da più parti ci vengono rivolte, saremmo proprio noi coloro che più stanno contribuendo a sgretolare la coesione sociale. Mi chiedo allora: «Ma qual è il vero patto su cui si è finora retto questo nostro amato Paese?». Mi capita di parlarne con colleghi stranieri di altre amministrazioni finanziarie, che mi dicono quasi all'unisono: «Non sappiamo cosa dirvi, perché ciò che sta succedendo da voi, succede solo da voi». Eppure la crisi economica non colpisce soltanto noi. L'unica cosa che mi è perfettamente chiara è questa: il problema di fronte al quale ci troviamo, non si può liquidare come il nostro problema, il problema dell'Agenzia delle Entrate o di Equitalia. È invece il problema cruciale di questo nostro Paese, anche se non aiutano certo a coglierlo le polemiche confuse e contraddittorie che tendono a trovare eco compiaciuta nei media. La voce costante alta, autorevole e chiarificatrice delle Istituzioni, sarebbe di grande conforto nella situazione drammatica che sta vivendo il nostro personale. Si impone la necessità di una riflessione profonda e di scelte di fondo da assumere. Non lascerò nulla di intentato per contribuire a sciogliere nodi intricati, per quanto mi è consentito dal ruolo che ricopro. La forza con cui posso farlo mi viene dall'intelligenza, dalla dedizione e dalla sensibilità delle persone che ho l'onore e il privilegio di rappresentare e di cui il Paese deve sapere che può contare con assoluta fiducia. Ciò di cui abbiamo bisogno però è chiarezza e condivisione riguardo a ciò che dobbiamo fare, perché noi non lavoriamo per alcuni contro altri, ma per l'intera collettività. Anche questa tempesta passerà, come sono passate le tante - non meno terribili di questa - che si sono abbattute sull'Italia. Rimarranno le cicatrici, ma resterà anche l'orgoglio di aver servito in giorni difficili in una Istituzione di cui una grande comunità civile non può fare a meno.

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