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Draghi in pressing sulla crescita: "Con troppe tasse niente ripresa"

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Il presidente della Bce Mario Draghi

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Mario Draghi scopre la causa dei mali dell'Europa. Non c'è crescita. Dunque per evitare crisi, disoccupazione e delocalizzazioni produttive continuare a caricare di tasse i popoli europei, in particolare quello italico, non serve. Dopo il Patto per il rigore è il momento del Patto per la crescitavverte il presidente della Bce in un'audizione al Parlamento europeo. Che stupisce tutti probabilmente anche il premier Monti, ormai tassator cortese, quando afferma che «risanare solo aumentando le tasse crea recessione». Un'ovvietà economica. Nota a un qualunque studente di economia, ma scomparsa dalla strumentazione di bordo del governo italiano, che ha messo tasse su tutto con velocità supersonica ma non ha ancora messo in pista, a parte le chiacchere, una strategia seria per la crescita. Cosa non facile da fare da soli. Anche per questo il Governo sta «esplorando» proprio con la rigorista Germania, attraverso contatti intercorsi fra i consulenti di Monti e della cancelliera Angela Merkel, il nuovo asse per accelerare la produzione di ricchezza. Un cambio di passo è infatti irrinunciabile. La stessa cancelliera Merkel ha accolto con favore le parole di Draghi, sottolineando che l'obiettivo deve essere raggiunto «attraverso riforme strutturali». Anche se poi rettificata da un portavoce: Draghi ha chiesto crescita senza rinunciare al rigore, la posizione della Bce sembra leggermente diversa dal passato e soprattutto espressiva di una linea che non combacia più con la richiesta di sole «lacrime e sangue». Nonostante il triplo firewall anti-crisi messo sul piatto da Ue, Fmi e Bce, i più recenti indicatori sono «ambigui», avverte Draghi: segnalano alta incertezza sulle prospettive di ripresa. I Paesi dell'Eurozona con i conti non in regola «devono continuare a fare correzioni di bilanci strutturali», premette Draghi. Proprio la Bce ha ricordato che il contagio di Italia e Spagna nel 2011 si è originato proprio a partire dai «problemi di sostenibilità di bilancio». Ma «un consolidamento fiscale attuato solo attraverso l'aumento delle tasse - dice Draghi in risposta alle domande di un europarlamentare italiano - è sicuramente recessivo». Certo nell'urgenza dei mesi scorsi, ammette l'ex governatore di Bankitalia, aumentare le tasse era lo strumento più veloce per scoraggiare il fuggi fuggi degli investitori. Oggi, però, proprio per convincere quegli investitori a tornare, bisogna creare sviluppo: dopo il «fiscal compact» da lui stesso ispirato ci vuole un «patto per la crescita». Non i deficit, né i tassi d'interesse reali negativi creano le precondizioni per la crescita, ma le riforme strutturali. Quasi un richiamo alla famosa lettera all'Italia inviata lo sorso 5 agosto a Roma dall'allora presidente della Bce Jean-Claude Trichet. Che suggeriva innanzitutto misure strutturali «per accrescere il potenziale di crescita», a partire da liberalizzazioni, privatizzazioni e mercato del lavoro. E che insisteva sul bilancio in pareggio nel 2013. Ma «principalmente attraverso tagli di spesa». Di fronte alle recessione che peggiora e minaccia di riverberare proprio sui deficit, la linea della Bce trova paradossalmente una sponda in Francois Hollande, l'avversario di Sarkozy e favorito alle presidenziali francesi: «Senza crescita l'Europa non potrà uscire dalla crisi», dice il candidato socialista promettendo che, se conquisterà l'Eliseo, il giorno dopo invierà una lettera ai partner Ue per sollecitare misure pro-crescita. Non vuole conflitti con Merkel, dice, ma neanche «nascondere le differenze nelle nostre posizioni». Berlino ha fiutato l'aria da un pezzo ed è già sulla difensiva: è «falso», dice il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert, che la Germania chieda solo rigore: «i due pilastri sono sempre stati la disciplina di bilancio e la crescita». Ora la seconda diventa però centrale. E i mercati hanno apprezzato. Le parole del presidente Bce hanno ridato fiducia. E insieme ai dati positivi delle trimestrali e macroeconomici hanno generato un allentamento della tensione sui titoli di Stato, lo spread Btp-Bund ha chiuso di un soffio sotto quota 390, e gli indici delle principali Piazze europee hanno consolidato guadagni archiviando la seconda seduta consecutiva in rialzo. Solo Londra ha sofferto il ritorno in recessione del Regno Unito, e contenuto il rialzo allo 0,16 per cento. Bene Francoforte (+1,73%), Parigi (2,1%), Madrid (+1,7%), ma soprattutto Milano (+2,91%), con la spinta delle banche dopo le parole di Draghi, alle trimestrali (Credit Suisse E Bbva) migliori delle attese e ai lavori dell'Eba.

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