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Con troppe tasse è recessione

Il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino

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Troppe tasse deprimono lo sviluppo e c'è il rischio di «un corto circuito rigore-crescita». L'atto di accusa alle manovre di risanamento viene dal presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino e dal vicedirettore generale di Bankitalia, Salvatore Rossi. Tutti e due mettono il dito nella piaga. Il numero uno della Corte dei Conti parlando alla Camera, spiega che «l'urgenza del riequilibrio dei conti si è tradotta inevitabilmente nel ricorso al prelievo fiscale, forzando una pressione già fuori linea nel confronto europeo e generando le condizioni per ulteriori effetti recessivi indotti dalle stesse restrizioni di bilancio». Risultato: le manovre per risanare la finanza pubblica, afferma, avranno pesanti effetti recessivi, bruciando al 2013 ben 37 miliardi. Giampaolino spiega che «con la compressione del reddito disponibile delle famiglie e degli utili delle imprese, l'impatto negativo delle manovre nel triennio 2012-2014 sarebbe di ben 2,6 punti percentuali sul pil, di 3,5 punti per i consumi delle famiglie e di quasi 5 punti per gli investimenti fissi lordi». Dati alla mano il presidente della Corte dei Conti indica che «la pressione fiscale salirà dal 42,5% del 2011 ad oltre il 45% per l'intero triennio successivo». Troppo. Poi sollecita una «tax review per riconsiderare l'inserimento dei diversi beni e servizi all'interno delle tre aliquote, per favorire quelli più legati alla crescita e quelli che maggiormente incidono sulle fasce sociali più deboli». Punta il dito contro l'ampliamento dei margini per le assunzioni negli enti locali che mette a rischio il rigore. Altra critica è la mancanza di entrate da privatizzazioni fino al 2015. Giampaolino quindi sollecita una task force operativa, all'interno del governo, per conoscere in tempi brevi i cespiti pubblici cedibili. Giampaolino quindi chiede di estendere ai bilanci dei partiti lo stesso meccanismo che vale per i rimborsi elettorali. Stesso atto d'accusa dalla Banca d'Italia. Il vicedirettore Salvatore Rossi spiega che «l'azione di risanamento avviata dalla metà del 2011 nel breve periodo esercita inevitabili effetti negativi sul'attività economica». Pertando per reperire risorse e avvicinarsi al pareggio di bilancio, piuttosto che aumentare le tasse, è meglio agire «attraverso la spending review e una migliore gestione del patrimonio pubblico». Con tagli alla spesa e lotta all'evasione «sarà possibile ridurre le elevate aliqote di prelievo sul lavoro e sulle imprese sostenendo la competitività». Poi afferma che «nel 2012 il disavanzo sarebbe nettamente inferiore al 3% del pil» e questo vuol dire che saranno centrati gli obiettivi di bilancio concordati con l'Europa «senza ulteriori interventi correttivi». Ma il governo non avrebbe intenzione di fare altre stangate. Lo assicura il viceministro all'Economia Vittorio Grilli. «Non ci sarà una manovra bis, nè altre patrimoniali. La correzione è sufficiente e poi nemmeno il Fondo Monetario internazionale ce lo chiede». Grilli ha spiegato che «con le manovre degli ultimi mesi, c'è stato un aggiustamento di quasi il 5% del Pil, che porterà ad un avanzo primario del 5,5% nel 2014». Per il 2013, il pil «crescerebbe a un ritmo dello 0,5% per poi accelerare nel 2014 (1%, invariato rispetto alla stima precedente) e nel 2015 (1,2%)». Però il Pd non si accontenta e con Cesare Damiano avverte: ora il governo cambi rotta e abbini al rigore il sostegno della crescita.

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