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Ad agricoltori e proprietari di dimore storiche lo sconto Imu non basta

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Non piace l'emendamento che rende l'Imu più leggera per le imprese agricole. Dalle organizzazioni di settore è arrivata una valanga di critiche che ha compattato Coldiretti, Cia, Copagri e la stessa Confagricoltura il cui presidente, Mario Guidi ha detto: «È un segnale di attenzione ma non basta». La modifica proposta dalla maggioranza e che dovrebbe andare in votazione la prossima settimana, «non è ottimale ma va nella direzione giusta» ha replicato il ministro delle Politiche agricole Mario Catania, e dal Forum di Confagri a Taormina ha aggiunge: «capisco l'insoddisfazione delle associazioni ma il testo è il risultato di un compromesso con il ministero dell'Economia molto complesso. Ma io - ha aggiunto Catania - sono soddisfatto. Avevamo detto che saremmo intervenuti e lo abbiamo fatto. E non è detto che il testo non possa essere migliorato nei vari passaggi». Molto meno soddisfatte le organizzazioni agricole. «Giudizio sospeso» per la Coldiretti, anche se il presidente Marini ha ricordato che era prevista «la reintroduzione delle franchigie». Dura la Cia: «le proposte non rispondono per nulla alle attese e non sono coerenti con gli impegni assunti dall'esecutivo al tavolo di confronto con le organizzazioni», e promette mobilitazioni di piazza. Una beffa, per la Confeuro, mentre per Guidi per migliorare la tassa stimata in almeno 1,3 miliardi di oneri in più per le imprese, «c'è ancora molto da fare, manca la garanzia di un gettito agricolo certo e definitivo». Contenti solo a metà come gli agricoltori i prorpietari delle dimore storiche. Gli emendamenti correttivo del Governo hanno ridotto l'aumento dell'Imu dal 600% al 300%. «Sempre troppo - ha spiegato a Il Tempo - il presidente dell'Adsi (l'associazione delle dimore storiche italiane) Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini. Perché lo sconto è arrivato con il taglio delle agevolazioni per l'Irpef concesse a chi utilizza le dimore storiche per trarre un profitto con l'affitto degli spazi o con attività commerciali». Si tratta di ricavi utilizzati per mantenere in buone condizioni palazzi e castelli. E dunque il loro trattamento agevolato è legato al fatto che i restauri dei beni sono molto costosi perché fatti su beni vincolati soggetti a rigidi protocolli. A parte la motivazione economica e cioè la decurtazione di flussi di cassa necessari alle opere di manutenzione, secondo Diaz della Vittoria Pallavicini «la riduzione delle agevolazioni Irpef presenterebbe profili di incostituzionalità legati alle sentenze della Consulta che assegnano ai beni vincolati uno status privilegiato». Insomma il contenzioso delle migliaia di proprietari di palazzi nobiliari disseminati nel territorio italiano senza cambi delle norme potrebbe essere alle porte.

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