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Prelievo sul lotto? Un atto di giustizia

Lotteria, scatta il prelievo sulle vincite

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L'Italia è uno strano Paese. Ufficialmente soltanto 76 mila contribuenti dichiarano oltre 200 mila euro. Ma ogni anno sono 210 mila le auto di lusso vendute. I nostri porti turistici sono pieni di imbarcazioni che costano centinaia di migliaia di euro, alcune anche milioni. E nessuno si indigna che tra i fruitori di tanto lusso ci siano evasori? Ed è giusto che dopo una vita di lavoro sia tassata la liquidazione? E se impiegati ed operai fanno ore di straordinario è giusto applicare la tassazione massima su quegli introiti? Si paga e basta. Tutti tassati e tartassati, mentre i furbi che evadono quasi se ne vantano. Sono i furbi della società. In realtà dovrebbero essere considerati solo dei ladri perché il conto lo pagano i cittadini onesti. E se il nostro fisco è tra i più voraci del mondo è perché ci sono i lestofanti.   Adam Smith, che spesso è saccheggiato nei suoi scritti dai nemici del fisco, precisa, già nel lontano 1776, che tutti devono contribuire alle spese dello Stato in proporzione al reddito di cui godono. In teoria è quanto stabilito anche in un Paese un po' caotico come l'Italia. In pratica non è così. È difficile pensare che in Italia siano solo 76 mila i benestanti e i ricchi. Ma ogni volta che qualche misura di legge rende la vita più difficile agli imbroglioni ecco emergere i paladini della privacy, della libertà, i nemici delle tasse. Ma sarebbe meglio definirli amici degli evasori. Adesso è nato anche l'ultimo partito demagogico antitasse. È composto da chi protesta perché adesso chi vincerà premi per oltre 500 euro dovrà lasciare un sei per cento allo Stato. E c'è da scandalizzarci per questo? Personalmente provo tristezza per tutte quelle persone che affollano sale giochi, tabaccai, che spendono fortune per Gratta e vinci, lotto, superenalotto, scommesse. Quanti si sono rovinati con le macchinette mangiasoldi, con i videopoker? Milioni di persone giocano, milioni di persone perdono, a volte tantissimi soldi sottratti alla famiglia nonostante gli ipocriti suggerimenti a giocare responsabilmente. Questo mi indigna, non certo che quei pochissimi che riescono a vincere debbano pagare una minima imposta. Attualmente il monte premi per il superenalotto è di quasi 49 milioni. Una cifra enorme. E se ci sarà un fortunato che quei soldi si porterà a casa dovrei preoccuparmi ed essere contrariato perché dovrà lasciare un misero sei per cento? Ma quanti sarebbero felici stasera di pagare quella tassa? Altro che ingiusta, è il minimo per un guadagno legato solo al caso. Un imprenditore che ha una nuova commessa e aumenta i propri introiti, un operaio che fa lo straordinario, un negoziante che commercializza un prodotto di successo devono pagare le tasse sui guadagni a livelli alti, anche fino a quasi il 50 per cento. Ma c'è qualcuno che sa spiegarmi perché questo è naturale, logico? Fa parte di quei principi che abbiamo ricordato di Smith. Invece se uno fa una schedina e vince una somma alta, no, deve restare oltre che anonimo anche esentasse. Si dice è un gioco. Certo, ma i soldi che entrano in quelle pochissime tasche fortunate sono veri. Possono essere spesi come quelli guadagnati con sudore e fatica. Hanno lo stesso valore. Allora perché quelli frutto del lavoro vengono a volte dimezzati dal fisco e quelli vinti non dovrebbero pagare nemmeno un misero obolo? Che brutto esempio si può dare ai giovani in questo modo. Si propaga l'illusione che premia di più il gioco, il caso, la fortuna che l'impegno, il lavoro, lo studio, la fantasia. Chi partecipa a quella fiera dell'illusione del gioco e delle lotterie e ha la fortuna, solo la fortuna, di non buttare dei soldi e invece di uscirne con le tasche piene, paghi almeno quella piccola elemosina allo Stato. È il minimo. Anzi, confesso che quel sei per cento non piace nemmeno a me. Dovrebbero almeno triplicare la percentuale. Sarebbe un atto di giustizia.

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