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Segnali di pace da Fiat ai sindacati

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L'ad Marchionne: la disdetta degli accordi è solo un fatto tecnico

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Nonsi spiegherebbe altrimenti le scelta di tempo nell'annunciare la chiusura anticipata dello stabilimento siciliano di Termini Imerese. Giusto nel momento nel quale la crisi del governo aveva raggiunto il suo apice con le dimissioni di Berlusconi. E dunque di fatto quando non c'era un esecutivo nel pieno dei suoi poteri. Non solo. Il senso del giusto tempo del manager si è visto anche ancor più di recente con la disdetta di ogni accordo sindacale vigente negli stabilimenti del Lingotto in tutta Italia. Una mossa che ha messo subito in chiaro la posizione dell'azienda nei confronti delle diverse anime del sindacato. Per Torino il retaggio delle contrattazioni del passato è carta straccia. Ora il modello di riferimento è quello di Pomigliano d'Arco nei nuovi stabilimenti. E per eventuali trattative si parte da lì. Insomma niente discussioni preventive e trattative separate. Le organizzazioni dei lavoratori hanno immediatamente recepito il messaggio. E non a caso si sono nuovamente spaccate. La Cgil non ha escluso di arrivare allo sciopero generale, Cisl e Uil hanno negato invece contrasti con il Lingotto e si stanno preparando alla trattativa che porterà alla sigla del contratto dell'auto. Strategia dunque e tattica. Dopo aver valutato le conseguenze sulle controparti dell'annuncio di cancellare gli accordi ancora vigenti e dunque aver forzato la situazione, ieri Marchionne ha offerto il calumet della pace alle parti coinvolte. «La lettera inviata ieri alle organizzazioni sindacali ha un aspetto esclusivamente tecnico in quanto altro non è che la disdetta formale degli accordi in vigore, alcuni dei quali risalenti agli anni Settanta»ha spiegato l'ad della Fiat, Marchionne. Una chiarificazione che getta acqua sul fuoco e seguita dall'invito a trattare senza se e senza ma per trovare intese veloci: «La Fiat s'impegna a definire al più presto possibile con le organizzazioni sindacali accordi più moderni». L'obiettivo, ha spiegato Marchionne, è quello «di assicurare la flessibilità e la governabilità degli stabilimenti, ma anche di garantire alle persone condizioni di lavoro migliori e adeguati trattamenti economici». «Il nostro orizzonte - ha aggiunto - è lo sviluppo e ci stiamo muovendo nell'unica direzione possibile per ottenere la capacità competitiva necessaria. Crediamo che continuare su questa strada sia una nostra precisa responsabilità nei confronti dei lavoratori della Fiat e del Paese». Infine il gesto distensivo.«Nelle settimane scorse ho pubblicamente confermato che tutti gli stabilimenti dell'auto in Italia, ad eccezione di Termini Imerese, avranno una precisa missione con nuovi prodotti e che, non avendo ridotto la nostra forza lavoro nel momento peggiore della crisi, non intendiamo farlo ora che stiamo lavorando alla realizzazione delle condizioni per crescere nel futuro». Nessuno fuori dalla fabbrica insomma. Che di questi tempi è già una conquista. Tutti dentro tranne appunto nello stabilimento siciliano di Termini Imerese che Fiat ha deciso di chiudere in anticipo e che sarà oggetto di discussione oggi dalle 14 al ministero dello Sviluppo Economico. Sarà il primo banco di prova del superministro Corrado Passera che avrebbe l'obiettivo di chiudere a strettissimo giro questa partita aperta ormai da lungo tempo. «Ce ne stiamo occupando, stiamo seguendo il tema che è molto importante» ha indicato Passera che non lascerà nulla di intentato per entrare a pieno titolo nel ruolo che il premier Monti gli ha assegnato. Tra l'altro uno degli appunti fatti alla sua nomina, quello di avere un velato conflitto di interessi in alcuni casi aziendali, sarebbe quasi superato. Sebbene dimessosi dalla carica di ad di Intesa SanPaolo, infatti, Passera dovrebbe gestire dossier con società che fino a ieri ha finanziato come manager di Intesa SanPaolo. È il caso ad esempio di Alitalia e della Ntv, la società di treni di Montezemolo e Della Valle. La soluzione suggerita a Passera, secondo il Tempo, sarebbe quella di accentrare presso la presidenza del Consiglio i dossier economici relativi a questi e ad altri esempi. Lì passerebbero sotto l'egida di un esperto di materie economiche come il sottosegretario alla presidenza Antonio Catricalà. Il conflitto di interessi, tema dominante del precedente governo, sarebbe così eliminato.

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