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Allarme Cgia: con nuove norme più disoccupati

Occupazione giovanile, un ragazzo guarda gli annunci di lavoro  davanti a un'agenzia interinale

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La disoccupazione sarebbe potuta salire oltre l'11% se in questi ultimi anni di crisi economica fosse stato in vigore il provvedimento annunciato dal governo nella lettera che il premier Silvio Berlusconi ha portato all'Europa. La stima è della Cgia di Mestre secondo cui il tasso di disoccupazione nel Paese sarebbe potuto di tre almeno punti anziché fermarsi all'8,2% attuale, "con quasi 738mila senza lavoro in più rispetto a quelli conteggiati oggi dall'Istat". Lo scenario delineato, tengono a precisare dalla Cgia, è un puro esercizio teorico ottenuto ipotizzando di applicare le disposizioni previste dal provvedimento sui licenziamenti per motivi economici a quanto avvenuto dal 2009 ad oggi.   FUORI DAL MERCATO DEL LAVORO DOPO LA CIG In buona sostanza, nella simulazione degli artigiani mestrini è stato calcolato il numero dei lavoratori dipendenti che tra l'inizio di gennaio del 2009 e il luglio di quest'anno si sono trovati in Cig a zero ore. Vale a dire i lavoratori che per ragioni economiche sono stati costretti ad utilizzare questo ammortizzatore sociale del quale, con il nuovo provvedimento, potranno disporre probabilmente solo a licenziamento avvenuto. Pertanto, se fosse stata applicabile questa misura segnalata nei giorni scorsi dal Governo all'Ue, negli ultimi due anni e mezzo, questi lavoratori, che hanno usufruito della Cig, si sarebbero trovati, trascorso il periodo di "cassa", fuori dal mercato del lavoro. Secondo la stima della Cgia, quindi, sommando le Ula (Unità di lavoro standard) che hanno utilizzato la Cig a zero ore nel 2009 (299.570 persone), nel 2010 (309.557) e nei primi sette mesi di quest'anno (128.574), otteniamo 737.700 potenziali espulsi dal mercato del lavoro che in questi ultimi 2 anni e mezzo avrebbero fatto salire il tasso di disoccupazione relativo al 2011, all'11,1%. INCENTIVI PER LE ASSUNZIONI Il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, ha tenuto a sottolineare che si tratta di una "semplice simulazione e come tale va interpretata. Sottolineo che non tiene conto del fatto che abbiamo conteggiato solo coloro che sono ricorsi alla Cig, mentre, chiaramente, non abbiamo potuto dimensionare quanti lavoratori avrebbero potuto potenzialmente aver perso il posto di lavoro senza avvalersi di nessun ammortizzatore sociale". "Detto ciò, va ricordato che accanto al provvedimento sui licenziamenti per motivi economici, saranno prese delle misure per incentivare la trasformazione dei contratti di apprendistato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, per agevolare l'ingresso nel mercato del lavoro delle donne e per utilizzare il credito di imposta per chi assume in aree svantaggiate. Interventi che dovrebbero facilitare l'ingresso, in particolar modo, dei giovani nel mondo del lavoro. Comunque - ha concluso Bortolussi - il problema rimane: se questa crisi economica durerà ancora, c'è il forte pericolo che coloro che prima erano coperti da un ammortizzatore sociale, con questa misura, di fatto, non l'avranno più e ne potranno usufruire, eventualmente, solo dopo il licenziamento".   SACCONI: NORME PIÙ TRASPARENTI Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi i nun'intervista al Corriere della Sera ha presentato le proposte per la trattativa con le parti sociali. Tra i punti evidenziati dal ministro rendere i licenziamenti per motivi economici "più trasparenti" ma anche "contrastare l'abuso dei contratti co.co.co e dei tirocini, promuovere il lavoro giovanile con l'apprendistato e quello femminile con i contratti di inserimento e part-time, aumentare l'occupazione nel Sud col credito d'imposta a valere sul fondo sociale europeo". Sacconi ricorda che "a luglio il Consiglio europeo ha raccomandato all'Italia di riformare la legislazione sui licenziamenti" e " la stessa raccomandazione è arrivata dalla Bce, dall'Ocse e dal Fondo monetario internazionale". L'Italia, ha osservato il ministro, "non è sotto osservazione per le pensioni, dove anzi il sistema è giudicato sostenibile ma per il mercato del lavoro.  Il nostro obiettivo, in ogni caso, non sono i licenziamenti facili ma creare le condizioni per la crescita delle imprese e dell'occupazione". Il ministro precisa che per quanto riguarda i licenziamenti individuali, "quelli discriminatori dovranno comunque restare nulli. Quelli per motivi economici vanno resi più trasparenti e certi nelle modalità e nelle tutele per il lavoratore".  

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