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Valerio Maccari Si sapeva da tempo, ma adesso è ufficiale: Bulgari diventa francese.

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L'Opa,lanciata sul 34% circa della società, ha visto un'adesione del 92,9%. Portando Lvmh – che già possedeva, direttamente o attraverso la collegata Hannibal, il 67% - a controllare il 98,09% della maison romana. Bulgari, quindi, è diventata completamente francese, e dal 4 ottobre il titolo non sarà più quotato nella borsa italiana, per la prima volta dal 1995. Se ne va così uno dei protagonisti del capitalismo italiano e attore di primo piano del cosiddetto «polo del lusso». Fondata a Roma dal greco Boulgares nel 1884, negli anni ‘70 è diventata la prima multinazionale italiana del gioiello. Negli anni successivi Bulgari si espande sempre di più, e dal solo negozio di via dei Condotti, fondato nel 1905, arriva a possederne 360 in tutto il mondo. Adesso, con un fatturato sopra il miliardo di euro, è considerata un luxury brand a tutti gli effetti, con un portafoglio che include anche orologi, borse, accessori, profumi e addirittura hotel. La famiglia Bulgari, da sempre proprietaria di maggioranza della compagnia, ha annunciato il trasferimento in Francia a marzo di quest'anno. A seguito del concambio della totalità elle azioni di famiglia, i Bulgari diventeranno il secondo azionista familiare del gruppo Lvmh dopo Arnault. Paolo e Nicola Bulgari, inoltre, resteranno rispettivamente presidente e vicepresidente. In sella resta anche l'ad Francesco Trapani, che accompagnerà la fase di transizione nel breve periodo. Con l'acquisizione di Bulgari, Lvmh si conferma come la più grande multinazionale specializzata in beni di lusso, distanziandosi ulteriormente dalla rivale – sempre francese – PPR. E aggiunge un'importante linea al suo già ricco portafoglio di giganti del lusso, tra cui De Beers Diamnond Jewellers, Tag Heur, Lous Vuitton e l'altra italiana Fendi, emigrata già nel 1999. E se il polo del lusso perde un pezzo, lo stesso potrebbe accadere alla nascente industria ferroviaria italiana. Da ieri è ufficialmente sul mercato anche Arenaways, la prima compagnia ferroviaria privata del Paese, attiva dal 2005 sulla tratta Torino –Milano e fallita quest'anno. Il 19 ottobre, ha fatto sapere il curatore fallimentare Leonardo Marta, si conoscerà il numero delle offerte presentate, e il 20 l'offerta vincitrice. In vendita è la parte sana della società, che sarò svincolata dalle pendenze legate alla vecchia gestione. Due le cordate in pista ipotizzate: una fa capo al fondatore e ad di Arenaways Giuseppe Arena, con due nuovi soci: mentre l'altra – annunciata dallo stesso Arena – ad Arriva, controllata britannica di Deutsche Ban. Una circostanza però smentita seccamente da Marco Piuri, amministratore delegato di Arriva Italia. Che in una nota assicura «nessun interesse» da parte della società del gruppo delle ferrovie tedesche.

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