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Tremonti non lascia. Gelo col premier

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

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Vuole pensare solo agli interessi dell'Italia, lavorare per il bene del Paese. Giulio Tremonti va avanti, non intende minimamente fare un passo indietro. Da via XX Settembre si ribadisce che il ministro dell'Economia, nonostante gli attacchi subiti, non è certamente intenzionato a dimettersi. Tornerà da Washington domenica per ripendere in mano il dossier sulla crescita.   Il giorno dopo le critiche del Pdl per la mancata presenza al voto sulla richiesta d'arresto riguardante Marco Milanese, il ministro dell'Economia non intende, però - spiegano fonti parlamentari della maggioranza - neanche fungere da capro espiatorio. E' tranquillo con la propria coscienza. Pronto - viene riferito - ad accogliere eventuali contributi e proposte, aperto a possibili soluzioni da mettere sul tappeto riguardo alle misure per lo sviluppo. Impegnato negli Stati Uniti per il Fondo monetario internazionale, il professore di Sondrio vuole evitare - si aggiunge - di prestare il fianco alle polemiche e alle strumentalizzazioni, anche per non nuocere al Paese. Oggi, intanto, si è mosso il Pdl. Da Gasparri a Cicchitto, tutti cercano di mediare. Ma la tensione resta. Silvio Berlusconi oggi non ha smentito le varie ricostruzioni dei quotidiani: resta l'amarezza per l'atteggiamento tenuto dal superministro e forte è la determinazione nel volersi intestarsi le misure sulla crescita e la regia delle scelte in materia economica. Ma sono proprio i fedelissimi del premier a "frenare", ad eliminare innanzitutto l'opzione dimissioni del superministro dal tavolo. Perché c'è il timore che qualora Tremonti decida di fare un passo indietro possa crollare tutto, che possa tornare ad aleggiare il fantasma del governo tecnico. Certo, si fa presente che la richiesta di una maggiore collegialità, di una cabina di regia non è in discussione. Anzi fonti parlamentari sottolineano che se il ministro del Tesoro non dovesse sedersi al tavolo per un confronto la situazione potrebbe ugualmente precipitare. Per questo motivo i big del partito lanciano un appello alla moderazione.    Il premier resta fermo sulle sue posizioni, convinto di voler procedere nell'operazione "ridimensionamento": avocare a sé la regia delle scelte economiche dell'esecutivo. Ha spiegato le sue ragioni anche a Umberto Bossi. Deve cedere per forza, non ha altra scelta, è la sua linea. Anche il Senatùr, sostengono dal Pdl, avrebbe considerato un errore il fatto che Tremonti non sia stato presente ieri in Aula per difendere il suo ex collaboratore. Il Cavaliere non intende in ogni modo forzare. Non spetta a lui muoversi, spiega chi gli ha parlato. Non è un problema mio, questo il suo ragionamento. Il presidente del Consiglio, oltre al pacchetto crescita, sta lavorando anche sul fronte giustizia. Ha invitato i suoi a rispolverare il provvedimento sulle intercettazioni: la settimana prossima il testo sara' ripreso dal cassetto, con alcune modifiche. Il Cavaliere osserva con fastidio, fanno presente alcuni fedelissimi, le continue fibrillazioni nel partito. Non gradisce che si continui ad affrontare il tema della successione, non comprende per esempio l'attivismo dell'area ex An (da Alemanno a La Russa) che, ai suoi occhi, sembra voler ricostituire un'area di destra. Ma soprattutto il premier, spiegano le stesse fonti, è preoccupato per i diktat della Lega, per i ripetuti accenni del ministro delle Riforme sulla possibilità di un voto anticipato. Per questo motivo il premier punta ad accelerare sulla legge elettorale. Teme, infatti, - sempre secondo quanto viene riferito - che la Lega possa sfruttare l'arma del referendum per far cadere il governo.  

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