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Credere nell'agricoltura per rilanciare il Pil

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Conle delocalizzazioni la merce torna meno cara con zero controlli su sicurezza e igiene. Nella economia reale offerta e domanda formano il prezzo. In quella virtuale basta il mouse. Nella conclamata crisi mondiale l'Italia soffre per il suo debito pubblico e regge grazie alla laboriosità e risparmio della famiglia formica. La gente è preoccupata. I giovani non trovano lavoro. La legge non crea lavoro e imprenditorialità ma deve incentivare l'economia, eliminando burocrazia e privilegi caporaleschi della pubblica amministrazione nel suo insieme. Nel passato, demonizzandola, i giovani si sono allontanati dalla agricoltura per il suo scarso appeal. L'imprenditoria agricola deve avere la dignità di quella industriale. Perché ciò avvenga va ricordato che la crisi non è più finanziaria ma economica. Ritorno alla terra utilizzando vari strumenti. Ad esempio Ismea, la più grande immobiliare agricola statale, faciliti la privatizzazione dei propri terreni. Vanno creati distretti agricoli, incentivate le vendite a Km 0 che favoriranno produttori e consumatori. Ne beneficerà il turismo del territorio. I prodotti italiani primi per qualità e sicurezza alimentare dovranno costituire un brand attrattivo. Il sistema bancario curi il settore primario dal quale, può ripartire il rilancio. Le confederazioni agricole diano un segnale unitario forte perché il ritorno all'agricoltura non significa sottosviluppo ma grande modernità. Basta un po' di attenzione, ricordando che, si possono eliminare molte cose. Meno il cibo.

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