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Così perdono Silvio e Giulio

Giulio Tremonti, ministro dell'Economia, e il premier Silvio Berlusconi

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La pressione fiscale non diminuisce e gli interventi più importanti della manovra di fatto sono spostati al 2013-2014. Quello raggiunto tra Berlusconi e Tremonti è un compromesso che in realtà non serve a nessuno dei due. Provo a spiegare perché. Il presidente del Consiglio si trova all'ingresso di un ciclo elettorale lungo. Da questo momento in poi infatti si entra nel classico periodo in cui un governo - di qualsiasi colore - comincia a «seminare» in vista delle elezioni politiche. Con queste misure Berlusconi non mette sul terreno né semi né fertilizzante. Il ministro dell'Economia non può cantare vittoria perché la sua linea rigorista, tanto apprezzata in Europa, in realtà è un boomerang micidiale su almeno due piani: 1. lascia l'Italia - come ha spiegato bene la Corte dei Conti - al palo della crescita e con una spesa per investimenti inesistente; 2. l'applauso dei partner europei cela la soddisfazione di chi vede un potenziale avversario allontanarsi dal mercato per inseguire un formalismo contabile che da solo non ci assicura alcun futuro. Lasciando che tutto scorra verso un indefinito destino, Berlusconi e Tremonti confermano di essere le due facce della stessa medaglia. La prudenza è una virtù, ma l'assenza di coraggio - da una parte e dall'altra - mi sembra un difetto che sovrasta il pregio e conduce all'annullamento della politica. Qualcuno obietterà che quella di Tremonti è una linea politica chiara, mentre Berlusconi non ha una ricetta da opporre: in parte è così. Ma pensare alla visione tremontiana come a un totem è un errore. Considero Tremonti un grande intellettuale. Negli anni del crac finanziario e della recessione (2008-2010) ha dato dignità politica alla lettura della crisi da parte del centrodestra. Le origini di quella idea della contemporaneità non sono casuali: derivano dalle conoscenze, dalle convinzioni e dalle letture tremontiane. Giulio in quel momento ha visto giusto. Ma oggi è quella la via da seguire? Dobbiamo porci la domanda con franchezza, perché l'Italia in queste ore sta decidendo che tipo di partita giocare. Così non siamo né in attacco né in difesa. Siamo in una terra di mezzo popolata da Elfi, Nani, Hobbit, Orchi. Così è l'Italia, un posto tra Noldor e Mordor dove si combatte una guerra che non vince nessuno.  

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