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I giovani snobbano le pensioni integrative

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Leprincipali ragioni sono la mancanza di soldi da versare e la scarsa fiducia nei mercati finanziari cui si rivolgono i fondi. Ad affermarlo è il «Rapporto sullo Stato Sociale 2011: questione giovanile, crisi e welfare state», curato dall'economista Roberto Pizzuti in collaborazione con l'Università «La Sapienza» di Roma e il Centro di Ricerca Interuniversitario sullo Stato Sociale. Il Rapporto disegna scenari difficili in tema previdenza soprattutto per i giovani: se negli anni Novanta un ex dipendente con 40 anni di contributi e 60 anni di età poteva contare su di un trattamento pari al 77% dell'ultima paga, un giovane con le stesse caratteristiche che si ritirasse nel 2035 godrebbe di una pensione pari solo al 58% del suo salario. Il Rapporto suggerisce di equiparare al 33% le aliquote contributive dei lavoratori parasubordinati che attualmente si attestano al 26%. Infatti, se non vi saranno mutamenti, «nel 2035 un lavoratore parasubordinato che con difficoltà sarà riuscito ad accumulare 35 annualità contributive, pur ritirandosi a 65 anni, maturerà un tasso di sostituzione di circa la metà». Contrario all'aumento delle aliquote per i lavoratori parasubordinati è, però, il direttore generale di Confindustria Giampaolo Galli: «sono già enormemente aumentate e sono vicine a quelle dei lavoratori dipendenti. Se si fa così ci saranno più persone che fanno fatica a trovare un lavoro». Per il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua invece «il fatto che solo il 23% dei lavoratori dipendenti abbiano aderito alla previdenza complementare preoccupa e segnala la necessità di fare qualcosa». Il presidente Mastrapasqua ha sottolineato che probabilmente il modo di promuovere questo investimento «non sta funzionando». «Se l'adesione è il 23% in Italia e il 91% in Europa vuol dire che qualcosa va fatto».

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