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La Germania spegne il suo atomo

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Addionucleare tedesco. La Germania ha deciso di tirarsi fuori, prima potenza occidentale a farlo, dalla produzione di energia con l'atomo. Senza esitazioni. L'ultimo impianto sarà stoppato nel 2022. Una svolta nella politica energetica europea, che avrà probabilmente risvolti anche in tutte le economie mondiali, che è stata annunciata dal ministro dell'Ambiente tedesco, Norbert Rottgen (Cdu). Per rassicurare sul maggior impiego dei combustibili fossili altamente inquinanti imposti da questa svolta, l'esecutivo ha fatto sapere che si punta a ridurre del 10% entro il 2020 i consumi di elettricità. Otto dei 17 reattori tedeschi, già staccati dalla rete, non entreranno più in servizio. La maggior parte delle 9 centrali rimanenti verrebbe staccata entro il 2021, mantenendo i tre impianti più nuovi di riserva in caso di emergenza energetica fino al 2022. La decisione segna una clamorosa marcia indietro per la Merkel, che appena nove mesi fa aveva prolungato mediamente di 12 anni la vita di alcune centrali più obsolete. Ma l'incidente nucleare di Fukushima e le preoccupazioni nell'opinione pubblica hanno imposta una linea drastica; la Merkel aveva subito fermato le centrali più vecchie e avviato una riflessione sull'abbandono del nucleare civile. «Il nostro sistema energetico può essere cambiato in modo radicale e può esserlo», ha affermato il cancelliere «vogliamo che l'elettricità del futuro sia più sicura e, al tempo stesso, affidabile ed economica». «La Germania può diventare il pioniere del cambiamento verso l'era dell'energia rinnovabile» ha concluso il primo ministro. La decisione è stata subito criticato dall'industria tedesca. Il presidente della Daimler, Dieter Zetsche, ha avvertito che «presenta rischi per un Paese industrializzato come la Germania, con la rinuncia a forniture di energia a prezzi sostenibili». Scettica anche la Francia. «La Germania sarà sempre più dipendente dai combustibili fossili e dalle importazioni e l'elettricità sarò più costosa e inquinante» ha spiegato il ministro dell'industria francese Besson.

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