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Il nucleare nel mondo occidentale è solo stoppato

Paolo Scaroni, ad Eni

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A procrastinare la fine dell'atomo per la produzione energetica è l'ad dei Eni, Paolo Scaroni, che ieri ha allungato la vita ai programmi nucleari, in un'intervista seguita all'assemblea del gruppo del Cane a Sei Zampe. In attesa però l'energia del gruppo italiano arriverà dalle fonti tradizionali, petrolio e gas. E proprio gli approvvigionamenti di questi due combustibili cominciano a preoccupare Eni. Il protrarsi dei disordini nel Paese nordafricano preoccupa per l'impatto sulla produzione, che potrebbe arrivare nel 2011 a 200 mila barili al giorno in meno. A giocare a favore della società c'è però il rialzo del prezzo del petrolio, collegato alla stessa crisi, che finora, ha spiegato l'ad Scaroni, ha più che compensato l'impatto libico. Tanto da poter guardare con una certa tranquillità al dividendo di quest'anno. È stata ancora una volta la situazione nel Maghreb a dominare l'attenzione dell'assemblea annuale del gruppo, anche alla luce del declassamento del rating da parte di Fitch che, proprio per le incertezze in Libia, ha tagliato il suo giudizio sull'azienda da AA- ad A+, pesando sul titolo per lo 0,63%. Il taglio non è per Scaroni, «particolarmente grave», ma è comprensibile, perché, ha ammesso il manager, la guerra «ci preoccupa eccome, la guardiamo con molta attenzione». Se infatti la crisi dovesse continuare per tutto il 2011 ci sarebbe «un impatto molto importante», con un «abbattimento della produzione 2011». La peggiore delle eventualità è il permanere dell'incertezza, anche perché se il prezzo del greggio dovesse ripiegare sui 70-80 dollari al barile, allora sì che «il fenomeno Libia sarebbe di per sè una ragione per rimettersi a considerare la politica dei dividendi» per i prossimi anni. La crisi nel Paese potrebbe del resto anche gettare «nella nebbia» l'accordo, seppur marginale, per lìingresso di Gazprom in Elephant, per il quale Eni sta già cercando alternative. L'assemblea di ieri è stata l'ultima presieduta da Roberto Poli, cui subentrerà il nuovo presidente Giuseppe Recchi, ufficialmente eletto dagli azionisti. Poli ha salutato augurandosi che Eni non faccia la fine di Parmalat, che rimanga in mani italiane e che non ci sia alcuno spezzatino, «errore storico» che renderebbe il gruppo più «facilmente attaccabile». Meno dogmatico è parso invece Scaroni, che non ha escluso ancora una volta la cessione di Snam, sulla quale non c'è alcuna fretta di decidere, «né nei prossimi 3 mesi, né nei prossimi 12», ma a cui si può guardare con «libertà di spirito». Scaroni ha comunque assicurato che nel prossimo quadriennio i risultati di Eni resteranno «al top dell'industria» di settore. Una garanzia di cui possono essere più che soddisfatti Tesoro e Cassa Depositi e Prestiti che con il dividendo approvato ieri dall'assemblea (dopo un anno chiuso con un'impennata dell'utile di oltre il 44%) riceveranno un assegno complessivo di oltre 1,2 miliardi di euro.

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