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Colletti bianchi

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L'ad di Fiat Sergio Marchionne

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Non si sa se Enrico Cuccia abbia mai pronunciato per davvero la famosa frase «le azioni si pesano, non si contano». Ma Eugenio Scalfari, che il banchiere di Mediobanca l'ha conosciuto bene, ha esteso l'applicazione del medesimo principio al referendum di Mirafiori. In quella fabbrica vanno distinti i voti dei «colletti bianchi», impiegati, capireparto e capisquadra, da quelli dei «colletti blu», cioè quelli che possono meritare l'etichetta di «operai veri e propri». Insomma, esiste un voto di categoria A, espressione doc della classe operaia. E c'è un voto di serie B, di minor valore. Un po' perché gli operai che hanno scelto il «sì» l'hanno fatto di malavoglia, per evidente stato di necessità. Molto perché i voti decisivi sono venuti da gente che non vanta i quarti di nobiltà della classe operaia: capi, capetti, parassiti, spie del padrone. Comunque gente che lì non doveva nemmeno votare. Per carità. La distinzione tra colletti bianchi e blu è legittima, se e quando ci serve a sviscerare meglio le problematiche emerse dalla consultazione di Mirafiori. Ma, diviene assolutamente illegittima quando serve a trasformare una sconfitta in una vittoria. A demonizzare l'avversario ovvero, come già si evince da più di una dichiarazione, a porre le premesse per disattendere l'indicazione uscita dalle urne. Non è questa l'intenzione del fondatore di Repubblica, che riparte dalla premessa iniziale per rilanciare l'ipotesi di compartecipazione alla tedesca alle decisioni aziendali. Idea interessante, salvo che nessun imprenditore sano di mente può pensare di associare alle scelte strategiche la Fiom così com'è e così promette di essere. Il punto è proprio questo: una volta chiusa la battaglia all'ultima scheda, sarebbe il caso di abbassare i toni e di lavorare per far decollare, con vantaggio di tutti, la nuova Mirafiori. Non è un mistero, a questo proposito, che andrà affrontato il problema di allargare l'area della partecipazione collettiva, sia dei colletti blu che di quelli bianchi. Al contrario, il fronte dei no, sulla base di un sillogismo un po' tarocco, opera in direzione dello sfascio: i «veri» operai hanno votato no; chi ha votato sì o è un pavido, che non ha saputo ribellarsi al ricatto, oppure non aveva diritto al voto. Di riflesso, questo accordo va sabotato. Magari con il ricorso alla magistratura che Susanna Camusso, indebolita dall'ora di gloria dei falchi, prima del voto criticava, ora giustifica: quando non sei sicura di vincere accodati all'opinione più rumorosa. Proprio quello che stanno facendo molti commentatori che prendono per buoni, come hanno fatto in queste settimane, le immagini evocate dalla Fiom: Mirafiori che rischia di trasformarsi in un lager, i colletti bianchi, famigerate riedizioni dei kapò che assistono, implacabili alla fatica operaia senza intervenire. Gentaglia che ogni tanto riaffiora dai tombini per fare il lavoro sporco. Nessuno che abbia sprecato un'ora del tempo passato a bivaccare davanti alla porta due di Mirafiori per cercare di capire chi siano questo famosi colletti bianchi. E, soprattutto. Il loro ruolo nella fabbrica moderna. Eppure i presunti Kapo, cui spesso vengono richieste competenze in robotica e in meccatronica avanzate, hanno una funzione insostituibile all'interno di un'organizzazione del lavoro basata sul World Class Manufacturing, quella cioè che Marchionne sta importando negli stabilimenti Fiat e Chrysler ma che è applicata un po' in tutte le aziende migliori del settore. Il presunto Kapò, spesso un ex operaio che ha sostenuto nel tempo corsi di studio, è per esempio colui che guida l'Ute, l'unità tecnologica elementare dove si cercano di tradurre in pratica le innovazioni perché tutti lavorino meglio, con una ricaduta positiva sulla qualità del prodotto. È l'uomo che, in questi anni, ha dovuto far quadrare le esigenze della linea e degli straordinari, quando il mercato li richiedeva, con l'incognita dell'assenteismo dell'ultimo minuto (quasi sempre ad opera degli stessi soggetti, finora intoccabili). Non stupisce che questi lavoratori guardino con favore alle clausole di un accordo che consente loro di lavorare e far lavorare meglio, con il corrispettivo di un maggior reddito. Stupisce, semmai, l'apparente meraviglia degli intellettuali e dei giornalisti che hanno riscoperto la fabbrica, dopo anni di disinteresse. E s'immaginano un mondo di lavoratori in catene, dove i colletti bianchi sono fantasmi od aguzzini. Invece di essere, come sono, le pedine fondamentali di un'economia moderna, che cerca di creare valore in un mondo estremamente competitivo. Sì, hanno ragione gli intelligenti che rimproverano al Cavaliere o a Marchionne il fatto che l'Italia (ma sarà colpa loro?) non ha saputo dar vita a Google. Ma con la loro mentalità, possono al massimo aspirare a far di Mirafiori un Kombinat della vecchia Urss.

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