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Cachemire e martello

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Fiom

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Ammettiamolo, un po' ne sentivamo la mancanza. Tutto questo parlare di Fiat, di Fiom e neppure una raccolta di firme, un manifesto, un girotondo. Per fortuna ci ha pensato Paolo Flores D'Arcais. Il ritardo è comprensibile. Il direttore di Micromega ha ben pensato di dare la precedenza alla «moralizzazione» dell'Italia dei Valori e alla sua battaglia personale con Antonio Di Pietro. Ora, però, è arrivato il momento degli operai. E così ecco pronto l'appello contro il «diktat di Marchionne» e a sostegno della Fiom e dei lavoratori metalmeccanici. Perché «la cancellazione dei sindacati che non firmano l'accordo» è «l'equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente». Quindi, firmate, firmate, firmate. In Italia non è una novità. C'è sempre un intellettuale pronto a sposare le cause degli "oppressi". C'è sempre un appello o un manifesto da sottoscrivere. Non è eccessivamente impegnativo. Si stila un testo pieno di indignazione e solidarietà, si sceglie un titolo accattivante (nel caso specifico è «Sì ai diritti no ai ricatti - La società civile con la Fiom»), lo si pubblica su un giornale o su un sito internet condito dai nomi dei primi, illustri, firmatari, e il gioco è fatto. Se il successo è notevole, magari, si organizza pure una manifestazione in piazza. Altrimenti l'elenco resta lì, testimonianza per i posteri. E se ad anni di distanza uno si "redime" (vedi il caso del manifesto a sostegno di Cesare Battisti ndr), si può sempre dire che «è stato un amico a mettere il mio nome». Sia chiaro, ognuno fa la rivoluzione come meglio crede. Anche comodamente seduto sulla sua poltrona di professore universitario ordinario, di parlamentare con stipendio da 15mila euro al mese, di scrittore da 10 milioni di copie. Indossando la tuta blu o il cachemire. Ma quella di firmare gli appelli è ormai diventata una "professione". L'argomento non conta, l'importante è "esserci". Non a caso i nomi sono quasi sempre gli stessi. E tra i primi a sottoscrivere l'appello di Micromega ecco spuntare, tra gli altri: Andrea Camilleri, Margherita Hack, don Andrea Gallo, Antonio Tabucchi, Dario Fo, Gino Strada, Franca Rame, Fiorella Mannoia, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Sergio Staino, Gianni Vattimo, Furio Colombo (sì, il deputato del Pd che è stato anche presidente di Fiat Usa ndr) e Alberto Asor Rosa. L'obiettivo, «impossibile» per ammissione degli stessi promotori, è raggiungere le 100mila firme entro il 28 gennaio, giorno dello sciopero generale dei metalmeccanici. Nel frattempo il segretario generale della Fiom Maurizio Landini ha iniziato un "tour" tra i partiti del centrosinistra alla ricerca di sponde politiche. La prossima settimana vedrà Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola. Ieri ha incontrato Di Pietro che si è schierato a sostegno della lotta contro il «regime Marchionne». Chissà se Flores D'Arcais è felice di trovarsi dalla stessa parte della barricata con l'ex pm che, a fine dicembre, accusava di truccare i sondaggi sul sito di Micromega.

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