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Fiat si alza dal tavolo

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L'amministratore delegato di Fiat Group Sergio Marchionne

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A Torino salta tutto. Il tavolo sul piano di rilancio per lo stabilimento di Mirafiori ma anche l'ipotesi di un armistizio tra il sindacato e il Lingotto sui nuovi investimenti, vitali, nei siti italiani. Niente da fare. La Fiat si alza e se ne va perché non ci sono le condizioni per raggiungere un'intesa. Il nodo principale resta quella del contratto: la Fiat ne vuole uno ad hoc per i lavoratori della joint venture con Chrysler, che dovrà realizzare Suv e auto Alfa e Jeep, ma questa volta, a differenza di Pomigliano, non è solo la Fiom a dire no. La rinuncia al contratto nazionale dei metalmeccanici preoccupa anche Fim e Uilm che chiedono di riprendere il confronto dopo qualche giorno, ma l'azienda dice no. Disponibili, invece, a chiudere subito Fismic e Ugl. Si teme il peggio. E cioè una rottura irreversibile della contrattazione. Un rischio troppo grosso da evitare. Così nelle ore successive allo strappo quasi tutti - nelle organizzazioni sindacali, nel governo, nelle istituzioni locali e nel mondo politico - auspicano una ripresa del confronto in tempi rapidi e considerano lo stop solo una pausa. Dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, arriva un appello «alla responsabilità di tutti gli attori del negoziato affinché intelligenza ed esperienza conducano a far prevalere il bene comune».  Chiedono una ripresa senza pregiudiziali della trattativa il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, il presidente della Provincia, Antonio Saitta e il governatore del Piemonte, Roberto Cota. Le diplomazie si mettono al lavoro subito per cercare di sciogliere il nodo contratto: «Con la buona volontà di tutti, ci riusciremo. La discussione continua e il confronto fra le parti riprenderà presto perché è nell'interesse di tutti», dichiara il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. Dura invece la leader della Cgil, Susanna Camusso: «Non è più la Fiom - osserva - che non firma gli accordi ma è la Fiat che non riconosce più il contratto nazionale e vuole uscire da Confindustria». Per il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, la Fiat «vuole affermare in Italia un modello aziendalistico e neocorporativo». «Anche a noi preoccupa il contratto di lavoro ad hoc per Mirafiori, - osserva Giovanni Centrella, segretario generale dell'Ugl - ma siamo convinti che l'unico modo per difendere i lavoratori e il contratto nazionale è continuare a trattare». Meno problematiche le altre questioni, come turni e flessibilità, anche se su qualche punto come la malattia e l'assenteismo la discussione è ancora aperta. Per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, «per garantire un futuro a migliaia di lavoratori e allo stabilimento simbolo di questa azienda, all'accordo non c'è alternativa nè per i sindacati nè per la Fiat». «Noi crediamo fermamente - spiega il numero uno della Uilm, Rocco Palombella - all'impegno che ci siamo presi per condividere la responsabilità dell'attuazione sul territorio nazionale del piano Fabbrica Italia. L'esito della trattativa avrà ripercussioni per l'intera economia del Paese». Lunedì a Mirafiori rientrano i lavoratori dalla cassa e solo per una settimana saranno tutti presenti. La Fiom vuole che già lunedì si chiedano le assemblee, Fim e Uilm non ci stanno.

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