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La mannaia di Dublino

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Dublinosvela le carte di quella che sarà una delle più pesanti batoste della storia sulle tasche dei contribuenti irlandesi. Una ricetta per salvare il paese dal crac finanziario, grazie agli aiuti di Fmi e Ue stimati in 85 miliardi di euro, che prevede un mix di maggiori tasse e tagli per quattro anni. Un'operazione del valore di 15 miliardi di euro, con il 40% della manovra che verrà attuato nel 2011. La manovra quadriennale per risanare i conti prevede tagli per 10 miliardi di euro fino al 2014, e cinque miliardi che verranno dall'aumento della pressione fiscale. Il piano - ha spiegato il premier Brian Cowen - prevede di aumentare l'Iva al 22% nel 2013 e al 23% nel 2014. Lo stato sociale diminuirà il suo bilancio di 2,8 miliardi di euro. Contemporaneamente, aumenteranno le tasse sul reddito (+1,9 miliardi nelle casse statali), ma resterà immutata la bassa aliquota fiscale del 12,5% sulle aziende, nonostante alcuni governi Ue premessero per un rialzo. La mannaia cadrà pesantemente sui dipendenti pubblici: i neo assunti vedranno i loro stipendi tagliati del 10%, e il numero complessivo degli addetti nel settore statale verrà riportato ai livelli del 2005: verranno eliminati 24.750 posti di lavoro. Per tutti, il salario minimo sarà tagliato di un euro dagli 8,65 euro all'ora di oggi. In coincidenza con il varo dell'austerity S&Poor's ha tagliato il rating dell'ex tigre celtica. Intanto anche ieri una pioggia di vendite ha colpito Bank of Ireland (-21%) e Allied Irish Bank (-16%). I vertici della Ue invitano a non alimentare gli allarmismi. A Bruxelles non sono piaciute le parole della cancelliera Merkel e del ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schauble, secondo cui è in gioco il futuro dell'euro. «Non è in ballo l'avvenire dell'euro, che è una moneta solida», ha replicato il portavoce del commissario Rehn. I mercati - nonostante il rimbalzo delle Borse europee e dell'euro - continuano a mostrare scetticismo. Molti degli osservatori non hanno dubbi: la prossima vittima sarà il Portogallo. E la pressione sulla Spagna, dove gli spread sui titoli di Stato hanno toccato un nuovo record, resta altissima.

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