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Stop ai pagamenti a rilento

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dall'inviato Alberto Di Majo STRASBURGO Le imprese europee possono tirare un sospiro di sollievo. Il Parlamento di Strasburgo ha approvato ieri una direttiva che riduce i tempi di pagamento della pubblica amministrazione. Un problema serio visto che in Europa la perdita di crediti pubblici e privati ha raggiunto la quota di 300 miliardi di euro. L'Italia ha il primato: la burocrazia nostrana paga le imprese, in media, dopo 176 giorni. Secondo i dati dell'European Payment Index, aggiornati a maggio 2010, in termini economici significa bruciare 27,8 miliardi di euro. Il Belpaese fa peggio anche della Grecia (155 giorni). Soffrono di più le aziende industriali (200 giorni di attesa) e quelle artigiane (138 giorni). La nuova direttiva cambia tutto: le amministrazioni pubbliche avranno 30 giorni per pagare i servizi ricevuti dalle imprese, salvo casi eccezionali (60 giorni). In caso di mancato rispetto dei tempi scatterà un aumento del tasso di interesse sulle somme dovute dell'8%, più un risarcimento dei costi di recupero. Tutti i paesi d'Europa avranno due anni per adeguarsi alle nuove regole. Il vicepresidente della Commissione e responsabile dell'Industria, Antonio Tajani, è soddisfatto: «Chiediamo alle imprese di innovarsi ma per farlo devono avere accesso al credito, che è quello sperato ma anche quello dovuto. La direttiva approvata dal Parlamento punta alla velocizzazione e alla trasparenza». Insomma, chiarisce ancora Tajani, «le nuove norme avranno l'effetto di motivare le amministrazioni pubbliche a una migliore gestione. Inoltre in questo modo saranno messi in circolo 180 miliardi: così difendiamo le piccole e medie imprese e, di conseguenza, il lavoro». Del resto, come sottolinea il relatore in Commissione Industria, l'eurodeputato del Pd Francesco De Angelis, «l'Italia deve costruire le condizioni affinché la pubblica amministrazione diventi virtuosa. Il tessuto economico del nostro Paese si basa sulle piccole imprese che in questo momento di crisi, rischiano di finire a gambe all'aria». Il Lazio è un caso particolare, chiarisce De Angelis, perché «c'è una forte esposizione proprio a causa dell'enorme debito sanitario e le piccole imprese finiscono per essere l'anello debole. Nei prossimi due anni gli enti regionali dovranno cambiare passo».

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