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La Fiat blocca i tre operai

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Gli operai licenziati dalla Fiat all'ingresso dello stabilimento di Melfi

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Si complica la vicenda dei tre operai di Melfi licenziati dalla Fiat e reintegrati dal giudice del lavoro. Una vicenda cruciale giacchè potrebbe essere destinata a costituire un modello per altre vertenze e a rivoluzionare il sistema di relazioni sindacali. Ieri alle 13.30 Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, accompagnati dai loro avvocati e da un ufficiale giudiziario, hanno varcato i tornelli all'ingresso dello stabilimento ma sono stati subito bloccati dalla vigilanza. L'azienda ha subito fatto sapere che non sarebbe stato concesso ai tre operai di rientrare in forza alle linee di produzione ma solo di svolgere l'attività sindacale nella apposita saletta. Dopo meno di due ore i tre hanno lasciato la fabbrica ma prima hanno improvvisato una conferenza stampa durante la quale hanno anche lanciato un appello al presidente della Repubblica Napolitano: «non ci faccia vergognare di essere italiani». «Vogliamo solo il nostro lavoro, come ha deciso il giudice - ha detto Giovanni Barozzino - Non vogliamo essere confinati in una saletta sindacale che è distante centinaia di metri dalla fabbrica dove lavorano i nostri colleghi. Da lì non potremmo parlare con nessuno. Per rivendicare i nostri diritti siamo disposti a venire in fabbrica ogni giorno».   Intanto, appena è arrivata la nota della Fiat che ribadiva il no al reintegro in servizio dei tre operai, la Fiom ha indetto un improvviso sciopero di due ore (a cui peraltro secondo l'azienda avrebbe aderito solo il 5% circa del personale. Non solo. La Fiom Basilicata ha presentato ai carabinieri una denuncia contro la Fiat per inottemperanza alla sentenza di reintegro. La Fiat in un comunicato ha rivendicato la validità della decisione di non permettere ai tre dipendenti di tornare a svolgere le loro mansioni in fabbrica. «La decisione di non avvalersi della sola prestazione di attività lavorativa dei tre interessati - si legge nella nota - che costituisce prassi consolidata nelle cause di lavoro e che ha l'obiettivo di evitare ulteriori occasioni di lite tra le parti in causa, trova, nel caso specifico, ampia e giustificata motivazione nei comportamenti contestati che, in attesa del completarsi degli accertamenti processuali, si riflettono negativamente sul rapporto fiduciario fra azienda e lavoratori. Si tratta peraltro di comportamenti per i quali è in corso anche indagine penale da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Melfi». E sulla vicenda è intervenuto anche il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi che ha chiesto come sia possibile che «un picchetto blocchi l'ingresso di merci, o che una minoranza possa bloccare la produzione e impedire di lavorare a chi vuole farlo». Il leader della Cisl Bonanni ha messo in guardia l'ad della Fiat Marchionne a «non cadere nella trappola della Fiom che vuole una conflittualità fine a se stessa».

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