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Accordo fatto sul latte La Parmalat la spunta

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La guerra del latte è finita ieri mattina. Il vertice sui prezzi riunito in Regione fra enti locali, categorie, Parmalat (proprietaria della Centrale di Roma) e Coldiretti ha finalmente trovato la quadra. O meglio, si è allineato all'offerta messa sul tavolo dal gruppo di Collecchio che giovedì sera aveva incontrato informalmente gli allevatori: 38 centesimi al litro alla stalla più 0,05 cent come premio per la qualità e la tracciabilità del latte laziale, a fronte degli attuali 35,7 centesimi. Ma solo per tre mesi, poi ci penserà il mercato. L'accordo è stato raggiunto grazie anche alla mediazione della Regione Lazio che si è impegnata a sostenere la filiera con 2,2 milioni di euro erogabili già da subito per un totale di 10 milioni in tre anni. L'obiettivo è migliorare la competitività e la qualità delle quasi duemila aziende sparse sul territorio che conferiscono all'industria circa 400mila tonnellate di latte. «Abbiamo trovato una soluzione positiva a quella che rischiava di diventare una vertenza difficile: il Lazio è la prima Regione a trovare un accordo sul prezzo del latte», ha commentato il presidente della Regione, Renata Polverini. «Il vero nodo da sciogliere non era solo il prezzo ma apportare miglioramenti decisivi alla filiera per questo abbiamo preteso che le risorse stanziate dalla Regione invece che essere divise a metà fra spese per la comunicazione del Made in Lazio e per la parte tecnica vengano assegnate soprattutto alla gestione delle stalle», spiega a Il Tempo il direttore generale Parmalat Italia, Gioacchino Baldini ricordando anche che «oggi il latte del Lazio è già il più costoso d'Italia e d'Europa». Quella di Parmalat è dunque una prova di fiducia: «Noi prendiamo dal Lazio un terzo del latte fresco che vendiamo e ora abbiamo offerto un aumento dei prezzi ma se la filiera non migliora saremo costretti a rivedere le nostre strategie. Questo accordo non porta nulla nelle nostre tasche, solo speranza; per noi è un investimento per migliorare la produttività della filera», sottolinea Baldini. Lasciando intendere che se l'intervento sulle aziende laziali non funzionerà, Parmalat sarà costretta a spostare il latte prodotto nella Regione dove c'è più competizione. Il gruppo emiliano guidato da Enrico Bondi era sceso in battaglia contro la Confederazione degli agricoltori che il 23 luglio aveva addirittura bloccato con un sit-in la Centrale pur di ottenere un aumento del 20% a 39,9 centesimi. Un aumento ingiustificato, secondo la Parmalat, che inoltre avrebbe rischiato di mettere fuori mercato i prodotti made in Italy e favorire le importazioni. Del latte prodotto della Centrale del latte di Roma il 60% viene immesso sul mercato laziale mentre il restante 40% viene portato fuori regione. E se la Centrale, con i nuovi prezzi, decidesse di «emigrare» in altre zone del Paese inevitabilmente alcune stalle vedrebbero crollare gli affari e rischierebbero di chiudere. La strategia di Bondi è stata dunque quella di riconoscere agli allevatori un temporaneo aumento dei prezzi per consentire loro di allinearsi agli standard europei. Con un messaggio chiaro lanciato alla categoria: vi paghiamo meno rispetto alle vostre richieste ma vi aiutiamo a rendere di più per non perdere tutti, produttori e industriali, la sfida con la concorrenza.

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