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I consumi si risvegliano

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FrancescoAlfani Le famiglie italiane, anche se timidamente, ricominciano a spendere. Confcommercio, l'associazione dei commercianti, sostiene che nel 2010 gli acquisti di beni e servizi nel nostro paese crescerà dello 0,6%. E, a meno di ulteriori scossoni del mercato del lavoro, scommette che questa quota crescerà nel 2011. Ma nel frattempo la crisi continua a farsi sentire e tra aprile e maggio c'è stato un piccolo stop negli acquisti. I dati sono contenuti nel «Rapporto sul terziario», presentato a Roma dal direttore dell'ufficio studi dell'associazione, Mariano Bella. Un'analisi fatta di luci e ombre, che accanto ai dati positivi sul consumo non manca di sottolineare le criticità del contesto economico nazionale e globale. Gli analisti di Confcommercio ipotizzano una crescita più contenuta dei consumi quest'anno, e una più consistente, pari all'1,1%, nel 2011. Ma a tirare la volata alla spesa, dicono, sarà essenzialmente la ripresa globale. Che potrebbe lasciare irrisolti i problemi di fondo del sistema delle imprese italiane. Un sistema nel quale la produttività, evidenzia la relazione di Bella, non fa passi significativi in avanti ormai da anni, e non è in grado di distribuire ricchezza. I settori del commercio al dettaglio e dei servizi alla persone nel 2009 hanno registrato una caduta del valore aggiunto pari rispettivamente al 9,5% e al 1,4%. Ma numeri non molto diversi sono quelli relativi al resto dei servizi e al mondo delle imprese. Con la conseguenza che tra il 2008 e il 2009 il reddito disponibile delle famiglie italiane è diminuito del 3,4%, colpendo inevitabilmente i consumi. Nel clima di austerità imposto dalla crisi i commercianti hanno sofferto più di altri. «La recessione terminata in alcuni comparti, presenta ancora pericolosi strascichi nei settori più prossimi al consumatore finale», ammonisce Bella. E cita a sostegno della sua affermazione i dati del rapporto che parlano di 80mila tra negozi, bar e ristoranti costretti a chiudere dal 2008 ad oggi. E di una riduzione notevole del fatturato, che colpisce soprattutto i piccoli, meno solidi di fronte alla congiuntura negativa: nei primi tre mesi dell'anno i ricavi delle aziende dai 10 ai 49 dipendenti si sono ridotti del 17,9%, quelli delle imprese con meno di dieci dipendenti del 19,5%. La colpa, per il direttore dell'ufficio studi, è anche delle banche, che sono meno disponibili a concedere prestiti alle pmi. E, dice Bella, «le banche praticano costi maggiori per euro prestato, a parità di credito, alle imprese più piccole». «Eppure - continua - le pmi rappresentano oltre il 95% del tessuto produttivo, valgono il 28% del pil e il 47% dell'occupazione totale». La soluzione per Confcommercio è in un maggior sostegno finanziario alle imprese commerciali, che, entrate per ultime nella crisi, rischiano di essere anche le ultime a riprendersi.

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