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Fiat ferma le fabbriche

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Uno stabilimento Fiat

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Arriva il primo segnale che la frenata delle vendite di auto, per l'esaurirsi degli incentivi, sta per abbattersi sulle fabbriche della Fiat. Da ieri, infatti, e contemporaneamente in tutti gli stabilimenti italiani, 30.000 lavoratori del Lingotto resteranno a casa in cassa integrazione fino al 5 marzo. L'attività riprenderà lunedì 8 marzo, ma anche se per il momento non sono annunciate altre fermate produttive la fine degli incentivi per l'auto, come ha già preannunciato l'ad, Sergio Marchionne, lascia prevedere tanta altra cassa integrazione. Il Lingotto ha annunciato il 26 gennaio lo stop delle fabbriche di Mirafiori, Cassino, Pomigliano d'Arco, Melfi e della Sevel, motivandolo con il forte calo degli ordini e la necessità di adeguare i livelli produttivi alla domanda. Gli operai per ora non sembrano preoccupati dalla notizia dello stop produttivo. A Cassino, ad esempio, sanno che secondo i piani aziendali come anticipato da Il Tempo sono in arrivo nei prossimi anni investimenti importanti per aumentare la produzione e la qualità delle autovetture. A soffrire però è ovunque l'indotto. In genere il tessuto è costituito da piccole e medie imprese con operai che non hanno accesso alla cassa integrazione. Per loro dunque lo stop delle linee di assemblaggio è un'autentica mazzata. Per ora bisogna dunque confidare in una ripresa dell'economia che non sarà a razzo ma molto lenta. Secondo l'Unrae, l'associazione dei costruttori esteri, la raccolta degli ordini nel mercato italiano ha subìto, a gennaio e nei primi dieci giorni di febbraio, un calo di oltre il 50% rispetto al quarto trimestre del 2009, ultimo periodo nel quale erano in vigore gli incentivi all'auto. La tensione resta alta alla Fma di Pratola Serra (Avellino), dopo lo sgombero del presidio da parte delle forze dell'ordine per consentire il carico di motori destinati alla produzione dei modelli Bravo e Delta nello stabilimento di Cassino. Ieri davanti ai cancelli i lavoratori hanno tenuto un'assemblea, mentre alcuni operai hanno simbolicamente occupato la sala consiliare della Provincia di Avellino. Del futuro della fabbrica siciliana di Termini Imerese si parlerà il 5 marzo nel nuovo incontro tra istituzioni, azienda e sindacati al ministero dello Sviluppo economico.

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