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L'export spinge i formaggi italiani

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.Al punto che l'export è diventato il motore dell'industria del latte che ha fatturato nel 2008 quasi 15 miliardi di euro e che manterrà, nonostante la crisi, gli stessi livelli anche nel 2009. Giuseppe Ambrosi, presidente dell'Assolatte, l'associazione italiana lattiero casearia, non ha dubbi sul fatto che la qualità del made in Italy a tavola sia l'arma che ha consentito al comparto di continuare la sua espansione. «Dal 1980 l'export complessivo delle aziende del settore è cresciuto in volume del 600%. E oggi dei 20 miliardi di litri di latte che lavoriamo oltre 2,5 miliardi sono destinati a formaggi per altri paesi» spiega Ambrosi. Che rileva però come dietro l'angolo ci siano rischi per il lattiero caseario italiano. «Le 2 mila aziende occupano 25 mila addetti e creano il primo fatturato nell'agroalimentare italiano. Realtà forti industrialmente e dal punto di vista della qualità che sono costrette a comprare dei 20 miliardi di litri necessari al fabbisogno oltre 9 dai paesi comunitari. Il sistema delle quote e i limiti strutturali e ambientali del Paese rendono il prodotto italiano insufficiente per la filiera produttiva che se ne serve» spiega Ambrosi. E fin qui non ci sarebbe problema perché i costi di produzione in Italia sono più alti di quelli di Germania e Francia. A parità di qualità, il prodotto importato è dunque anche conveniente nella struttura dei costi delle aziende del Paese. I problemi però potrebbero arrivare dalle norme in discussione a Bruxelles proposte dal ministro dell'agricoltura Luca Zaia. In particolare l'indicazione geografica dell'origine del latte sulle etichette. «Un obbligo solo per i produttori italiani, che aggraverebbe i costi di produzione. Sullo scaffale di un supermarket si troverebbero formaggi stranieri senza indicazione della provenienza. Mentre questa dovrebbe essere riportata sulle fabbricazioni italiane. Questo significa diverse etichette, più spese e minore competitività. Un danno all'immagine e alla tradizione del made in Italy» aggiunge il presidente di Assolatte. Che precisa come la qualità e la sicurezza della materia prima non sono legate al luogo di produzione ma alla serietà di chi lo lavora per garantire al consumatore un prodotto sicuro e di qualità in linea con le sue aspettative. Non solo. A limitare le potenzialità del settore ci sono anche i divieti di utilizzare alcune proteine del latte per standardizzare la qualità e per innovare nel settore. «È prassi industriale in molti paesi integrare i componenti naturali con ulteriori aggiunte per facilitare la conservazione e la produzione. Ebbene in Italia una circolare ministeriale ha sospeso l'applicabilità del regolamento europeo che consente di utilizzare queste aggiunte. E la sospensione può diventare divieto» chiosa Ambrosi. Che conclude: «Lasceremo spazio ai prodotti stranieri e porteremo un danno solo ai nostri».

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